28/11/2017 - 18:24

Scandalo H&M: vestiti bruciati negli inceneritori

H&M è nell'occhio del ciclone per aver incenerito una grossa quotadi abiti e vestiti in alcuni impianti danesi.

H&M è stata promotrice di una intensa campagna in favore del riciclo dei vestiti: "Non ci sono regole nella moda eccetto una: ricicla i tuoi vestiti" recitava lo slogan. Ma alcuni giornalisti danesi hanno rovinato la festa.

inceneritori

Accade spesso che dietro annunci importanti in ambito green ci sia ben poco di reale, insomma non è tutto oro quello che luccica. La catena del fast fashion Hennes & Mauritz – o H&M come siamo abituati a conoscerla – ha portato avanti un'intensa campagna pubblicitaria con lo slogan “Non ci sono regole nella moda eccetto una: ricicla i tuoi vestiti”. L'azienda scandinava si vanta di raccogliere e recuperare i vestiti usati dei consumatori per poi destinarli al riciclo.

Quando Greenpeace ha sottolineato ad H&M la necessità di ridurre l'impiego spropositato di risorse, l’azienda ha risposto con solenni promesse, aggiungendo che presto le innovazioni tecniche avrebbero consentito una vera circolarità dei capi di abbigliamento. Sembrava uno sforzo straordinario e pioneristico per l’intero settore, eppure notizie recenti hanno rivelato che questa promessa è andata letteralmente in fumo.

Recentemente alcuni giornalisti danesi hanno scoperto che H&M conferisce negli inceneritori addirittura vestiti nuovi. Come documentato dalla televisione danese, solo in Danimarca, il colosso del fast fashion ha conferito nell'inceneritore di Roskilde 12 tonnellate di rifiuti tessili ogni anno a partire dal 2013. Dobbiamo aspettarci quindi che anche le nostre vecchie T-shirt, che portiamo indietro nei negozi H&M, fanno la stessa fine? L’azienda ha dichiarato di bruciare solo vestiti che non possono essere venduti, regalati o riciclati, che sono inutilizzabili a causa di errori di produzione. Ci possiamo fidare? A seguito di una precisa richiesta da parte di Greenpeace, H&M ha ammesso per la prima volta che quello danese non è un caso isolato, ma una pratica comune in tutto il mondo.

L’azienda dichiara che si tratta di una soluzione estrema a cui ricorre sporadicamente, per esempio quando le etichette dei jeans presentano elevati residui di piombo. Purtroppo quello di H&M non è un caso isolato ma comune a tanti altri marchi come le griffe del lusso, ad esempio, che distruggono gli abiti non venduti per evitare che finiscano nei mercatini di seconda mano. Questi dati indicano, in modo inequivocabile, che c’è qualcosa che non funziona nel sistema moda attuale se, per un’azienda che ufficialmente promuove il riciclo dei capi di abbigliamento, è più vantaggioso bruciare i vestiti piuttosto che avviarli correttamente al recupero. "Ad oggi, afferma Greenpeace, non abbiamo sentito una parola da parte di H&M sulla promozione di servizi di riparazione dei vestiti o altre iniziative che ne garantiscano una maggiore durata nel tempo".

Tommaso Tautonico
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