22/05/2025 - 12:55

Trentino Alto Adige, Marche e Toscana regine italiane della transizione ecologica

Presentato al Festival Circonomia il 2° Rapporto che mette in classifica le regioni italiane dalla più green a quella più indietro nella sostenibilità ambientale. Subito alle spalle del podio le grandi regioni del nord, tutto in coda il mezzogiorno. Tra le macroregioni vince nettamente il nordest.

 

circonomia

Trentino Alto Adige primo con distacco, Marche e Toscana alle sue spalle sul podio. Immaginando la transizione ecologica come una maratona tra le regioni e le macro-regioni italiane, questo è l’ordine di arrivo della tappa 2024 di avvicinamento agli obiettivi che l’Europa si è data per il 2030: dai target di riduzione delle emissioni di gas serra, crescita delle energie rinnovabili e miglioramento dell’efficienza energetica legati alla transizione ecologica e l’impegno per fronteggiare la crisi climatica.

Il “ranking” è la sintesi conclusiva del secondo Rapporto su regioni italiane e transizione ecologica realizzato in occasione della decima edizione Circonomia, in programma ad Alba dal 22 al 24 maggio. Il Rapporto, curato da Duccio Bianchi fondatore dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia - il più antico eco-istituto italiano - è elaborato sulla di un set di 30  diversi indicatori green.

Questi i principali dati che emergono dal Rapporto:

  • Nell’indice sintetico riassuntivo si riconferma il primato del Trentino/Südtirol, primo già nel Rapporto dello scorso anno, seguito dalle Marche - seconde come nel 2024 -, dalla Toscana (era quinta lo scorso anno), da Lombardia (terza lo scorso anno) e Veneto (quarta lo scorso anno). Toscana, Lombardia e Veneto hanno valori molto ravvicinati, ma ben distaccati dalle successive regioni.
  • Il primo posto del Trentino Alto Adige non sorprende, trattandosi di una regione che da tempo, anche per influenze culturali del mondo tedesco, esprime una decisa vocazione alla sostenibilità ambientale. I posti d’onore di Marche e Toscana sono meno scontati: sono entrambe regioni ad elevata intensità manifatturiera, che vedono dunque la presenza rilevante di attività economiche che producendo beni fisici consumano più risorse e più energia rispetto alle attività economiche “terziarie”, e nonostante questo dimostrano una notevole propensione al “green deal”.
  • Le due grandi regioni industriali del nord – Lombardia e Veneto - hanno una classifica medio-alta ma non eccellente, il che sembra indicare qualche lentezza nella conversione “green” dei propri sistemi produttivo. Fanno decisamente peggio altre due grandi regioni del nord – Piemonte ed Emilia Romagna, “galleggianti” a metà del ranking.
  • La coda della classifica è monopolizzata da regioni del sud, che malgrado presentino un minore impatto sull’ambiente per la loro condizione meno avanzata di sviluppo, mostrano una radicale.
  • Le regioni che in più del 50% degli indicatori hanno prestazioni migliori della media nazionale sono le Marche (nel 77% dei casi), il Trentino Alto Adige (67%), la Toscana (63%), la Liguria e la Lombardia (nel 57% dei casi), il Veneto e l’Abruzzo (nel 53% dei casi). 
  • Le regioni prime in più indicatori sono il Trentino Alto Adige e il Lazio:
    - il Trentino Alto Adige in 8 indicatori: consumi finali di energia fossile per unità di Pil; % totale rinnovabile sui consumi finali; % totale rinnovabili sulla produzione elettrica; tasso di motorizzazione elettrica, kWh di risparmio energetico procapite conseguito con ecobonus e superbonus, rifiuti residui urbani per spesa delle famiglie, soddisfazione della popolazione per il paesaggio e per la situazione ambientale
    - il Lazio in 6 indicatori: consumo di materia per unità di Pil, consumi finali di energia per unità di Pil, emissioni climalteranti per unità di Pil, produzione totale di rifiuti per unità di Pil, suolo consumato procapite e per unità di Pil.
  • Le regioni che si collocano all’ultimo posto in più indicatori sono la Calabria (7 indicatori) e la Liguria (4 indicatori).
  • Nel sub-ranking dei fattori di impatto ai primi posti vi sono Campania, la Calabria e il Lazio. Meglio della media italiana fanno anche Marche, Sicilia, Liguria e Abruzzo. Entità dei consumi, condizioni climatiche e bassa incidenza dell’industria pesante e manifatturiera sembrano le determinanti iper quasi tutti gli indicatori d’impatto. Le regioni ultime per impatto sono Umbria, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia.
  • Nel sub-ranking dell’efficienza d’uso delle risorse vince il Lazio seguito dal Trentino Alto Adige e dalla Lombardia. Meglio della media nazionale fanno anche Liguria, Toscana, Marche e Veneto. Le peggiori sono Puglia, Sardegna e Umbria (tutte regioni legate da una incidenza particolare del settore metallurgico).
  • Nel sub ranking della capacità di risposta e mitigazione le regioni più virtuose sono Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Marche, seguite a poca distanza da Veneto, Umbria, Toscana, Emilia-Romagna.
  • Vi sono forti differenze tra regione e regione in quasi tutti gli indicatori.

In pochissimi casi il valore massimo non è almeno il doppio del valore minimo (il caso più rimarchevole di una forte vicinanza tra le prestazioni regionali è la raccolta differenziata, dove ormai i tassi di Rd oscillano tra il 55% e il 78%). In 13 casi, più di un terzo del totale, la differenza tra il valore minimo e quello massimo è superiore a 3 volte. I consumi di materia della Sardegna (sia procapite che per unità di Pil) sono circa 4 volte quelli della regione con i consumi più bassi. I consumi finali procapite di energia dell’Emilia-Romagna sono 2,2 volte quelli della Campania. La percentuale di rinnovabili sui consumi finali ha un differenziale di quasi 6 volte (il 53% in Trentino/Sudtirol contro il 9% in Liguria). La quota di agricoltura biologica sul territorio agricolo oscilla di quasi 7 volte tra il 38% registrato in Toscana e il 6% registrato in Lombardia.

Le differenze sono significative soprattutto tra le macroregioni, benché con alcune eccezioni all’interno delle macro regioni: non tutte le regioni del Mezzogiorno o del Nord seguono un analogo trend, anche per specificità produttive o di storia socio-politica. In sintesi, a livello di macro regioni emerge che:

  • Le regioni del Mezzogiorno (ma non la Sardegna) hanno impatti procapite inferiori alla media italiana, mentre sistematicamente più alti sono gli impatti relativi al Pil e quindi la produttività di uso delle risorse, così come generalmente sono inferiori le prestazioni sugli indicatori di risposta e di mitigazione.
  • Le regioni del Nord hanno prestazioni opposte a quelle delle regioni del Mezzogiorno. Un impatto procapite generalmente superiore alla media nazionale, ma anche una produttività d’uso delle risorse superiore alla media nazionale e una elevata capacità di mitigazione e risposta soprattutto sugli indicatori di economia circolare, anche se con differenze regionali 
  • Le regioni dell’Italia centrale hanno percorsi più diversificati, anche per la eterogeneità del sistema produttivo. Complessivamente si tratta di regioni che si collocano sopra la media nazionale per impatti procapite e produttività d’uso delle risorse (con l’eccezione dell’Umbria) e anche per capacità di risposta e mitigazione (con la rilevante eccezione del Lazio).

Presentando il Rapporto Circonomia, Roberto Della Seta, Direttore del Festival, ha commentato: “Dalla nostra ricerca esce un’immagine dell’Italia della transizione ecologica a chiaroscuri, con regioni all’avanguardia della conversione green e altre che arrancano. Serve uno scatto in avanti che coinvolga tutti i territori, solo così potremo essere al centro del green deal e che non solo è indispensabile per fronteggiare la crisi climatica ma è una grande occasione di innovazione tecnologica e competitività economica. Come mostrano tanti esempi concreti, ‘convertire’ all’ecologia produzioni e consumi non è soltanto necessario per l’ambiente: è anche utilissimo a rendere più moderna e competitiva l’economia, a creare lavoro, a migliorare la vita quotidiana delle persone”.

Tommaso Tautonico
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