30/04/2025 - 18:29

Da “impronta ecologica” a “economia della ciambella”: i termini legati al consumo delle risorse naturali e ai modelli economici sostenibili

In vista dell’Italy Overshoot Day, Babbel accende i riflettori sulla consapevolezza ambientale attraverso il linguaggio.

 

no planet B

Ogni anno, il consumo da parte delle persone delle risorse naturali, come acqua, combustibili fossili e minerali, supera la capacità del Pianeta di rigenerarle. Questo squilibrio viene misurato attraverso l’Earth Overshoot Day, un indicatore simbolico che segna il giorno in cui le risorse disponibili per l’anno vengono esaurite. Da quel momento in poi, ci si trova a vivere a credito, consumando risorse future. Negli ultimi decenni, tale data è stata progressivamente anticipata. Nel 2024, a livello globale, l’Earth Overshoot Day è caduto il 1° agosto. La data ufficiale per il 2025 non è ancora stata annunciata, ma quella dell’Italy Overshoot Day, ovvero il giorno in cui l’Italia esaurirà il proprio “budget ecologico”, è stimata già per il 6 maggio.

In occasione di questa ricorrenza, Babbel - l’app che promuove la comprensione reciproca attraverso le lingue - presenta una selezione dei termini connessi al consumo delle risorse ed analizza il linguaggio utilizzato per descrivere i principali modelli economici che cercano un equilibrio tra progresso economico e tutela dell’ambiente.

“Acquisire familiarità con i termini e i concetti legati al consumo delle risorse rappresenta un primo passo fondamentale verso una maggiore consapevolezza ambientale. Comprendere il significato di queste espressioni aiuta infatti a riconoscere e sottolineare l’impatto crescente delle nostre abitudini sul pianeta e quanto sia urgente orientare le scelte quotidiane, personali e collettive, verso pratiche più sostenibili” afferma Sofia Zambelli, Social Impact & Sustainability Manager di Babbel.

Carbon footprint e biocapacità: l’ABC del consumo delle risorse
Come sottolineano gli esperti di Babbel, mentre aumenta sempre di più la consapevolezza dell’urgenza di agire a difesa del clima, vengono introdotti nuovi termini per descrivere il consumo delle risorse e, soprattutto, vengono sviluppati nuovi indicatori per misurare l’impatto delle attività dell’uomo sull’ambiente.
impronta ecologica: si tratta del primo indicatore da conoscere poiché viene utilizzato per valutare l’impatto delle attività umane sulla terra, misurando l’area produttiva di mare e terra necessaria per rigenerare le risorse consumate ed assorbire i rifiuti prodotti da una popolazione, permettendo così di comprendere se lo stile di vita da essa attuata sia sostenibile o meno. Questo concetto è stato sviluppato dal Global Footprint Network, un’organizzazione internazionale no-profit che ha l’obiettivo di sensibilizzare governi, aziende e cittadini sull’importanza di vivere entro i limiti ecologici del Pianeta, ponendo la sostenibilità al centro delle scelte individuali e collettive. 
biocapacità: è la stima della capacità di un ecosistema di generare risorse naturali e di assorbire e filtrare altri elementi dall’atmosfera. Utilizzata, insieme all’impronta ecologica, permette di calcolare l’impatto dell’essere umano sull’ambiente. Il concetto è stato definito e diffuso dal Global Footprint Network per supportare l’analisi dei limiti ecologici del Pianeta.
deficit ecologico: indica la differenza tra la biocapacità e l’impronta ecologica di una regione o di un paese; si parla di deficit ecologico quando l’impronta di una popolazione supera la biocapacità dell’area a sua disposizione, consumando risorse più velocemente di quanto l’ecosistema sia in grado di rigenerarle.
carbon footprint: la cosiddetta “impronta di carbonio” misura le emissioni di gas serra (in particolare di anidride carbonica) di un’attività, di un prodotto, di un’azienda o di un paese. Viene espressa solitamente in tonnellate di emissioni (CO₂ equivalente) per unità di confronto, come ad esempio per capo di abbigliamento prodotto o per chilometro percorso. La carbon footprint rientra nel calcolo dell’impronta ecologica perché rappresenta un utilizzo concorrente dello spazio bioproduttivo: l’aumento della concentrazione di CO₂ nell’atmosfera corrisponde infatti ad un accumulo di debito ecologico; per questo, nell’ambito dei calcoli legati all’impronta ecologica, le quantità emesse vengono convertite in superfici biologicamente produttive necessarie per assorbire questo gas.

Economica circolare e rigenerativa: i modelli economici orientati alla sostenibilità
Il modello economico tuttora ancora prevalente si basa su una crescita continua, spesso accompagnata da un utilizzo eccessivo delle risorse naturali e da una scarsa attenzione alle conseguenze ambientali e sociali. Negli ultimi anni, però, stanno emergendo modelli alternativi, che provano a conciliare sviluppo economico e sostenibilità, cercando di ridurre l’impatto sull’ambiente e promuovere un uso più responsabile delle risorse.
doughnut economics: sviluppata dall’economista Kate Raworth dell’Università di Oxford, l’“economia della ciambella” propone una visione alternativa, basata su una crescita economica che rispetta l’ambiente e la società. Il suo nome deriva dalla forma sferica del diagramma che lo rappresenta, formato da due cerchi: quello interno rappresenta i bisogni umani fondamentali di cui ogni persona ha bisogno (come acqua, cibo, salute, istruzione, reddito e lavoro); il cerchio esterno, invece, i limiti ecologici che l’umanità non deve superare per garantire la stabilità dell’ecosistema (tra cui, ad esempio, cambiamento climatico, uso del suolo, perdita di biodiversità, inquinamento atmosferico e riduzione dello strato di ozono). 
economia circolare: si tratta di un modello di produzione e consumo che prevede il prestito, la riparazione, il ricondizionamento e il riciclo di materiali e prodotti, con l’obiettivo di estenderne il più possibile il ciclo di vita. Anche una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione, i materiali di cui è composto vengono possibilmente reintrodotti nel ciclo produttivo; in questo modo si può rallentare l’uso delle risorse naturali, ridurre la produzione di rifiuti e diminuire l’emissione di gas serra. Si contrappone al modello economico tradizionale, che richiede un grande utilizzo di risorse, e alla strategia dell’obsolescenza programmata dei prodotti. 
economia rigenerativa: è una forma di economia circolare che, oltre a promuovere la riduzione degli sprechi e dell’impatto delle attività antropiche sull’ambiente, punta ad un effetto positivo sia a livello ambientale che sociale. Il suo scopo infatti è quello di rigenerare ecosistemi danneggiati, in modo da creare condizioni favorevoli per la vita delle persone. In questo ambito rientra anche il “capitalismo rigenerativo”, ovvero l’attuazione da parte delle imprese di pratiche aziendali che ripristinano le risorse piuttosto che sfruttarle. 
wellbeing economy: anziché porre al centro la crescita economica da raggiungere ad ogni costo, l’economia del benessere mette al primo posto la soddisfazione equa dei bisogni umani (come istruzione, salute e sicurezza), nel continuo rispetto dei limiti ecologici del Pianeta; di conseguenza, la definizione di successo si sposta dalla crescita del PIL alla promozione del benessere condiviso.

Tommaso Tautonico
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