23/05/2018 - 12:38

Italia: un quinto delle specie è a rischio estinzione

Anche in Italia e nel Mar Mediterraneo la biodiversità è in pericolo. Inquinamento e marine litter, in primis, ma anche cambiamenti climatici, alterazione dell’habitat, specie aliene invasive e sovra sfruttamento delle risorse naturali sono i principali nemici di questo capitale naturale.

rischio estinzione

Quando si parla di biodiversità, l'Italia è tra i paesi più ricchi in Europa. Il nostro paese ospita circa la metà delle specie vegetali e circa un terzo di tutte le specie animali attualmente presenti nel vecchio continente. Una biodiversità che oggi deve essere più tutelata e protetta. Oltre un quinto del totale delle specie presenti sono a rischio di estinzione. Su un campione, utilizzato dall’IUCN, di 2807 specie italiane di spugne, coralli, squali, razze, coleotteri, farfalle, pesci d’acqua dolce, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi, ben 596 sono infatti a rischio di estinzione.

A lanciare l’allarme è Legambiente che, in occasione della giornata mondiale della biodiversità, fa il punto sullo stato di salute delle specie viventi in Italia, nel rapporto “Biodiversità a rischio 2018”, con un approfondimento sul Mediterraneo e su alcune specie minacciate dal marine litter; e da Manfredonia (FG), luogo simbolo dell’Anteprima organizzata oggi di Spiagge e Fondali puliti 2018, l’associazione ambientalista ha ribadito con forza che per contrastare il marine litter e la perdita di biodiversità è fondamentale puntare su prevenzione e corretta gestione dei rifiuti. Ad oggi i rifiuti marini, soprattutto la plastica, sono una delle principali minacce per circa 180 specie marine mediterranee.

La tartaruga Caretta caretta, insieme alla balenottera comune e agli uccelli marini come la Berta maggiore, sono tra le specie minacciate dai rifiuti galleggianti e dall’inquinamento da plastica in mare. Ogni anno nel Mediterraneo sono oltre 130mila le tartarughe marine Caretta caretta che rimangono vittime di catture accidentali durante le normali operazioni di pesca professionale. Di queste circa 70 mila abboccano agli ami utilizzati per la pesca al pescespada, oltre 40 mila rimangono intrappolate in reti a strascico e circa 23 mila in quelle da posta. Oltre alle tartarughe, tra le specie minacciate dal marine litter ci sono anche gli uccelli marini, in particolare i procellariformi, tra cui si trova la berta maggiore, con più del 63% delle specie affette da inquinamento da plastica. E poi c’è la balenottera comune, unico misticeto residente nel Mar Mediterraneo, classificato come in pericolo dalle liste rosse della IUCN, e che risulta essere in diminuzione rispetto agli ultimi 20 anni. La balenottera, alimentandosi per filtrazione, con ogni boccone arriva ad ingerire fino a 7mila litri d’acqua inghiottendo, insieme al krill, anche grandi quantità di macro e microplastica.

Nel report “Biodiversità a rischio” l’associazione ambientalista ricorda che il Mediterraneo, per la sua variegata eterogeneità di ecosistemi, è uno dei 25 biodiversity hotspots del mondo, ovvero una delle regioni con il maggior numero di specie viventi in tutto il pianeta. È un punto cruciale per gran parte delle rotte migratorie degli uccelli paleartici, nelle sue acque vivono circa 900 specie di pesci e cetacei e circa 400 specie vegetali. Oggi il marine litter rappresenta una delle principali minacce per mari e oceani. La maggior parte dei rifiuti marini (circa il 95%) è composta da plastica (UNEP/MAP 2015) e sempre secondo l’UNEP il Mar Mediterraneo è attualmente una delle sei aree maggiormente invase da marine litter nel mondo: la concentrazione dei rifiuti in alcune aree è comparabile a quella delle cosiddette “isole galleggianti” dell’Oceano Pacifico. Questo è dovuto principalmente alla sua struttura: essendo esso un bacino semichiuso con ridotti scambi d’acqua con l’Oceano Atlantico, accumula al suo interno un enorme quantitativo di rifiuti galleggianti e non. Tartarughe, mammiferi e uccelli marini possono morire per soffocamento dovuto all’ingestione accidentale di rifiuti (in particolare buste di plastica) scambiati per cibo oppure possono restare intrappolati nelle reti da pesca e negli attrezzi di cattura professionale.

I principali tipi di impatti causati dai rifiuti marini sulla biodiversità sono infatti l’aggrovigliamento (intrappolamento) – a livello globale, diversi studi indicano che le principali vittime di aggrovigliamento sono gli uccelli marini (35%), pesci (27%), invertebrati (20%), mammiferi marini (circa 13%) e infine rettili (5%) – e l’ingestione (quest’ultima è stata rilevata in diversi organismi. A livello globale il 40% delle specie di uccelli marini ingerisce rifiuti di plastica, il 100% delle specie di tartarughe e il 50% di mammiferi).

Oltre al marine litter e all’inquinamento, gli altri nemici della biodiversità sono il sovra sfruttamento delle risorse naturali. Nel Mediterraneo il 96% degli stock ittici europei è sovrasfruttato. In particolare l’Adriatico, che da solo sostiene il 50% della produzione ittica italiana, è, insieme al Golfo di Gabes in Tunisia, l’area del Mediterraneo dove si pratica con più intensità la pesca a strascico, particolarmente distruttiva per gli ecosistemi di fondo. La perdita e frammentazione degli habitat (dovuta ad esempio all’erosione delle coste e al mattone selvaggio), i cambiamenti climatici che sono una delle concause che favoriscono la diffusione delle specie aliene e invasive: l’Ispra, stima che ad oggi, 42 nuove specie ittiche sono state osservate nei mari italiani. 

Tommaso Tautonico
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