22/12/2014 - 13:15

Csr e Made in Italy: Report contro Gucci. Ecco perchè

Parliamo di Responsabilità sociale di impresa (Csr) e di tutela del Made in Italy. Sotto le telecamere del programma di inchiesta di Rai 3, Report, è finito un altro marchio italiano (si fa per dire) del lusso, ovvero Gucci.
Dopo Moncler, azienda francese acquistata dall'imprenditore italiano, Remo Ruffini, che era stata accusata di usare, per l'imbottitura dei famosi piumini, piume strappate alle oche attraverso l'orrenda pratica della "spiumatura", stavolta è toccato a Gucci.
 
Il marchio italiano, di proprietà del gruppo francese Kering, che da dieci anni garantisce una filiera etica e controllata grazie alla certificazione SA8000 sulla responsabilità sociale, secondo quanto emerso dall'inchiesta di Report, avrebbe deciso di sostituire la mano d'opera artigianale con i più concorrenziali cinesi. 
 
Report è riuscita ad entrare nelle pieghe del sistema produttivo della casa di moda e osservarlo per cinque mesi grazie alla denuncia di un artigiano e alle informazioni raccolte dal suo "socio" cinese. Che cosa è emerso? Che le scelte aziendali di Gucci stanno mettendo seriamente a rischio un vero e proprio baluardo del Made in Italy con un unico obiettivo, ovvero l'aumento del fatturato. 
 
"Se si considera che un operaio cinese lavora 150 ore in più rispetto a quelle segnate non è difficile intuire l'evasione che genera questo sistema. E non è certamente colpa dei cinesi, ma di chi può tenersi in tasca quel guadagno" ha spiegato in studio Milena Gabanelli. "Maggiori e più accurati controlli potrebbero forse evitare che un intero settore, quello manifatturiero, rischi di fallire. Ne guadagnerebbero anche i cinesi, e le certificazioni continuerebbero ad avere un valore, invece di sembrare una farsa" ha aggiunto la giornalista.
 
Ma ovviamente Gucci non ci sta e in una nota smentisce quanto andato in onda. "Gucci si dissocia nel modo più assoluto dai contenuti e dalla forma del servizio mandato in onda domenica 21 dicembre nell'ambito della trasmissione Report. La signora Gabanelli non ha mai posto a Gucci alcuna domanda pertinente su quanto da cinque mesi stava girando" si legge nel comunicato. 
 
"Telecamere nascoste o utilizzate in maniera inappropriata, solo in aziende selezionate ad arte da Report (3 laboratori su 576), non sono testimonianza della realtà Gucci", ha continuato l'azienda fiorentina.  E ancora: "il servizio ha accusato Gucci di consigliare l'utilizzo di "forza lavoro cinese a basso costo". Tutto ciò è falso e destituito di ogni fondamento e fortemente diffamatorio".
 
"Gucci produce il 100% della pelletteria in Italia dando lavoro a oltre 7.000 addetti tra fornitori di primo livello (1.981) e fornitori di secondo livello. Di questi addetti, circa il 90% sono di nazionalità italiana, mentre tutte le 576 aziende sono italiane. Tutti i fornitori di primo e di secondo livello vengono regolarmente controllati (circa 1.300 verifiche l'anno, anche notturne) sul rispetto delle regole e il corretto trattamento delle persone. Ricordiamo che il lavoro notturno, se svolto secondo la normativa, non è reato: si chiama straordinario o turnazione" ha precisato inoltre la casa di moda. 
 
Ma che reazione hanno avuto i mercati al "post-Report"? A differenza di Moncler che, all'indomani della puntata di Report aveva visto crollare il proprio titolo in borsa, praticamente nulla, se non addirittura positiva, è stata la reazione alla borsa di Parigi del titolo Kering. Questa mattina, intorno alle 10,15 il titolo è infatti salito dello 0,67%, attestandosi a 156,7 euro, dopo aver segnato un massimo di 156,8 euro.
 
Clicca qui per guardare la puntata di Report. 
Rosamaria Freda
autore