01/01/2013 - 01:00

A Compraverde premiata anche la ristorazione sostenibile

Nel settore della ristorazione sostenibile l'Italia ha il primato in Europa: sono un milione al giorno, un quarto del fabbisogno giornaliero, i pasti biologici serviti nelle mense scolastiche. A chiederlo e a sceglierlo sono proprio le mamme italiane, disposte a spendere di più purché i loro figli mangino sano: il costo medio di un pasto nelle mense del nostro Paese è infatti di 5 euro contro, per esempio, i 2 euro di quelle tedesche.
A evidenziarlo è l'ICLEI-International Council for Local Environmental Initiatives (l'organizzazione internazionale di enti locali e provinciali impegnati nello sviluppo sostenibile). Scelte di sostenibilità (in questo caso di attenzione all'ambiente e insieme di tutela della salute dei cittadini) che oggi trovano una regolamentazione più chiara e precisa nella recente adozione formale dei "criteri ambientali minimi" per l'acquisto, da parte degli enti pubblici, di prodotti e servizi per i settori della ristorazione collettiva e la fornitura di derrate alimentari. «Si tratta di un cambiamento epocale, non immediato né facile - sottolinea Ilario Perotto, presidente ANGEM-Associazione nazionale della ristorazione collettiva e servizi vari -. La ristorazione collettiva vuole cambiare rotta, ma ci sono alcuni problemi che devono essere superati. Le aziende si trovano a dover fare i conti con nuove procedure, costi ulteriori, a volte difficile reperibilità dei prodotti e degli approvvigionamenti in generale. Un passaggio che evidentemente non poteva non suscitare un acceso dibattito tra gli attori del mercato coinvolti. «Questi criteri - afferma Paola Trionfi, coordinatrice ristorazione collettiva biologica nazionale per Aiab - sono una rivoluzione istituzionalizzata. Come associazione italiana per l'agricoltura biologica già da molto tempo pratichiamo una sostenibilità sia produttiva che sociale sui territori e ci occupiamo di collegare le produzioni locali ai consumi istituzionali. Per noi il nuovo quadro di riferimento da un lato integra quanto è già stato fatto precedentemente, dall'altro valorizza quelle esperienze virtuose che già avevano spontaneamente iniziato un percorso di questo tipo. Certo non mancherà qualche difficoltà a livello organizzativo e di lavoro sul territorio, e ci sarà una nuova governance da costruire, ma gli obiettivi sono grandi».

Sul tappeto del dibattito diverse preoccupazioni. Come quelle espresse da Lucio Cavazzoni, presidente di Alce Nero&Mielizia, uno dei marchi di punta del biologico italiano: «Il decreto rappresenta un grande successo, ci porta in avanti come Stato. Ma riusciremo ad applicarlo concretamente? E soprattutto, come potremo difenderci da chi offrirà prodotti che sono biologici solo sulla carta? In tanti considerano il biologico solo un'occasione di guadagno, essendo diventato il biologico, non solo in Italia ma nel mondo, una fetta di mercato importante. E in un ambito come quello delle mense e del catering, in cui non hanno valore la marca e il nome del produttore, spesso sono i furbi a essere premiati rispetto a chi opera secondo le regole. Per riconoscere il vero biologico c'è allora bisogno di maggiori controlli, non essendo sufficienti quelli degli organismi di certificazione. Attenzione poi a quei prodotti che costeranno troppo poco o che hanno una filiera molto lunga».

Tra le aziende che hanno scelto la strada della sostenibilità per la ristorazione aziendale EniServizi spa. A parlarne il loro responsabile Giuseppe Grassi: «Eni è nell'index sustainability della borsa di New York. Siamo molto avanti rispetto allo standard medio italiano, e il nostro obiettivo è continuare a diffondere i principi della sostenibilità all'interno delle mense aziendali, scegliendo il biologico, prodotti italiani e a km zero. l'uso di stoviglie compostabili e la raccolta differenziata. A San Donato Milanese (Milano), nel ristorante aziendale, tutti i nostri colleghi si mettono in coda per differenziare i residui del pasto». Tra i criteri ambientali minimi per il servizio di ristorazione collettiva da inserire nelle gare di appalto, alcuni sono molto precisi: come quello che richiede l'uso di acque da rubinetto e di bevande da dispenser in sostituzione delle acque minerali, criterio che ovviamente crea scontento tra i suoi produttori.
«Ci sono anche taluni effetti perversi e paradossali: ad esempio la richiesta di una percentuale elevata di biologico che potrebbe essere non disponibile e lasciare spazio a molti "falsi", oppure non avere un riconoscimento giusto del prezzo» spiega Silvano Falocco, consigliere delegato Ecosistemi. «Occorre quindi orientare nella giusta direzione, perché certo alcune preoccupazioni sono giuste altre meno, e derivano solo dal fatto che la novità e il cambiamento fanno paura. Ma i criteri minimi approvati restano per il settore una stella polare».
Tommaso Tautonico
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