01/01/2013 - 01:00

Lo scarico senza autorizzazione di acque reflue derivanti dall'attività di molitura delle olive

Anche dopo l'entrata in vigore del D.L.vo 3 aprile 2006 n.152 è stato ribadito che lo scarico senza autorizzazione di acque reflue derivanti dall'attività di molitura delle olive integra il reato di cui all'art.137 del medesimo decreto (prima previsto dall'art.59 D.L.vo 11 maggio 1999 n.152), non essendo tali reflui assimilabili alla acque reflue urbane in base al disposto dell'art.101, comma settimo, lett.c) del D.Lgs. n.152 del 2006 - Corte di Cassazione Penale Sez. 3^, 25 gennaio 2012 (Ud. 19/12/2011) Sentenza n. 3087.
Corte di Cassazione Penale Sez. 3^, 25 gennaio 2012, con la sentenza n. 3087, ha affermato il principio secondo cui lo scarico senza autorizzazione di acque reflue derivanti dall'attività di molitura delle olive integra il reato di cui all'art.137 del medesimo decreto (prima previsto dall'art.59 D.L.vo 11 maggio 1999 n.152), non essendo tali reflui assimilabili alla acque reflue urbane in base al disposto dell'art.101, comma settimo, lett.c) del D.Lgs. n.152 del 2006.

Nella specie, con sentenza del 13.10.2010 il Tribunale di Siracusa, sez. disc. di Avola, in composizione monocratica, condannava N. G. alla pena di euro 6.000,00 di ammenda per il reato di cui all'art.59 comma 1 D.L.vo n. 152/99 perché, titolare del frantoio oleario ubicato in OMISSIs via OMISSIS, effettuava nuovi scarichi di acque reflue industriali senza autorizzazione.

Assumeva il Tribunale che era stato pacificamente accertato, in punto di fatto, che le acque di vegetazione delle olive venivano raccolte in una cisterna di decantazione, mentre le acque di lavaggio affluivano, tramite un pozzetto, nelle pubblica fognatura e che per tale scarico l'imputato non era munito di alcuna autorizzazione. Trattandosi di acque provenienti da insediamento industriale era configurabile il reato contestato. Non era poi maturata la prescrizione, avendo il reato natura permanente (nel caso di specie era stato accertato che opere strutturali consentivano il deflusso automatico in pubblica fognatura).

Ricorreva per cassazione N. G., a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo, la violazione ed errata applicazione dell'art.59 comma 1 D.L.vo n. 152/99. Secondo il ricorrente "la condotta sanzionata penalmente riguarda uno scarico che abbia ad oggetto "acque reflue industriali". Ad essere rilevante non è il criterio formale della provenienza, quanto la qualità del refluo, che deve essere diverso da quello delle acque domestiche e meteoriche di dilavamento. Le acque provenienti dall'attività di molitura delle olive sono costituite principalmente dalle cd."acque di vegetazione". Nel caso di specie, invece, risulta pacificamente che lo scarico si riferiva solo alle acque di lavaggio provenienti dall'attività di molitura delle olive, che non hanno caratteristiche tali (in relazione alla loro composizione) per poter essere considerate reflui industriali".

Con il secondo motivo denuncia la mancanza ed illogicità della motivazione, avendo il Tribunale semplicisticamente affermato la responsabilità penale dell'imputato, provenendo lo scarico da insediamento industriale, senza minimamente motivare in ordine alle caratteristiche qualitative e quantitative delle acque ed in ordine alla assimilazione delle acque di lavaggio alle acque reflue industriali.

La Corte ha ritenuto, tuttavia, infondati i due motivi di ricorso.

Orbene, la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione riteneva, sulla base del chiaro disposto dell'art.2 lett.h) del D.L.vo n.152/99, che nella nozione di acque reflue industriali rientrasse qualsiasi tipo di acque reflue, scaricate da edifici o installazioni in cui si svolgevano attività commerciali o produzioni di beni, diversi; dallo acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento.

Si riteneva, pertanto, che gli scarichi derivanti dalla molitura delle olive senza la prescritta autorizzazione non integrassero "il reato di cui all'art.59 del decreto legislativo 11 maggio 1999 n.152 in quanto assimilabili alle acque reflue domestiche solo se l'attività del frantoio sia inserita con carattere di normalità e complementarietà in una impresa dedita esclusivamente alla coltivazione del fondo ed alla silvicoltura ed in presenza delle condizioni previste dall'art.28 del citato decreto n.152, tra cui quella per la quale la materia prima lavorata deve provenire per almeno due terzi esclusivamente dall'attività di coltivazione dei fondi dei quali si abbia, a qualsiasi titolo, la disponibilità" (cfr.ex multis Cass.pen.sez.3 n.10626 del 22.1.2003; conf. Cass.sez.3 n.4068 del 31.3.2000; Cass.sez.3 n.35843 del 3.9.2004).

Anche dopo l'entrata in vigore del D.L.vo 3 aprile 2006 n.152 è stato ribadito che "lo scarico senza autorizzazione di acque reflue derivanti dall'attività di molitura delle olive integra il reato di cui all'art.137 del medesimo decreto (prima previsto dall'art.59 D.Lgs, 11 maggio 1999 n.152), non essendo tali reflui assimilabili alla acque reflue urbane in base al di sposto dell'art.101, comma settimo, lett.c) del D.Lgs. n.152 del 2006" (Cass. Sez.3 n.26524 del 20.5.2008).

Secondo la Corte, non risultando che ricorressero le condizioni previste prima dall' art.28 D.L.vo 152/1999 e poi dall'art.101 comma 7 lett.c) D.Lgs. n.152/2006 il Tribunale ha ritenuto correttamente configurabile il reato contestato.
Andrea Settembre
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