01/01/2013 - 01:00

Revoca dell'ordine di demolizione

L'ordine di demolizione contenuto nella sentenza di condanna costituisce una sanzione amministrativa emessa dall'autorità giudiziaria penale ed è, pertanto, suscettibile di revoca in presenza di atti amministrativi incompatibili con la sua esecuzione. Stante il carattere cogente del provvedimento emesso dal giudice penale, però, lo stesso può essere revocato solo nel caso di assoluta incompatibilità dell'esecuzione dell'ordine con gli atti nel frattempo adottati dalla pubblica amministrazione - Corte di Cassazione Penale, Sez. III, 19/12/2011 (Cc. 7/12/2011), sentenza n. 46805.
Il giudice dell'esecuzione, in quanto competente ad eseguire l'ordine di demolizione emesso ai sensi dell'art. 31 del DPR n. 380/2001, è dotato di un potere autonomo rispetto a quello analogo della pubblica amministrazione e deve, perciò, risolvere tutte le questioni che riguardano l'eseguibilità della pronuncia, tra le quali quelle afferenti alla compatibilità dell'ordine adottato con i provvedimenti assunti dalla P.A., nonché dalla giurisdizione amministrativa o da quella penale (cfr. sez. III, 2.7.1996 n. 2870, P.M. in proc. Petrino, RV 205808).

Nel caso di specie, il giudice dell'esecuzione aveva escluso che l'ordinanza del TAR Campania n. 732 del 2009, che aveva accolto la domanda cautelare di sospensione dell'ingiunzione a demolire emessa dal Comune di Cava dei Tirreni in data 3.4.2009, costituisca un provvedimento incompatibile con l'esecuzione dell'ordine di demolizione contenuto nella sentenza penale di condanna.

Innanzitutto, l'ordine di demolizione contenuto nella sentenza di condanna costituisce una sanzione amministrativa emessa dall'autorità giudiziaria penale ed è, pertanto, suscettibile di revoca in presenza di atti amministrativi incompatibili con la sua esecuzione.

Stante il carattere cogente del provvedimento emesso dal giudice penale, però, lo stesso può essere revocato solo nel caso di assoluta incompatibilità dell'esecuzione dell'ordine con gli atti nel frattempo adottati dalla pubblica amministrazione (cfr. per tutte sez. III, 30.3.2000 n. 1388, Ciconte e altri, RV 216071).

Anche la sospensione della esecuzione, pertanto, può essere disposta dal giudice dell'esecuzione solo quando sia razionalmente e concretamente prevedibile che, nel giro di brevissimo tempo, sia adottato dall'autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con il detto ordine di demolizione.

Non è invece sufficiente una mera possibilità del tutto ipotetica che si potrebbe verificare in un futuro lontano o comunque entro un tempo non prevedibile.

In tal senso, la Corte di Cassazione penale, Sez.III, del 19/12/2011, sentenza n.46805, ha dichiarato che "non può essere ritenuta sufficiente la pendenza di ricorso al TAR contro l'ordine di demolizione emesso in sede amministrativa ovvero la sospensione in quella sede di detto ordine per giustificare l'invocata sospensione della demolizione, né la adozione da parte della pubblica amministrazione di provvedimenti che non riguardino direttamente l'immobile da demolire".

Orbene,nel caso di specie l'ordinanza impugnata aveva correttamente effettuato la valutazione richiesta dalla legge su tali punti, avendo escluso la rilevanza della sospensiva disposta in sede di giustizia amministrativa e che la domanda di condono edilizio presentata dall'interessato fosse suscettibile di sanatoria, trattandosi di immobile abusivo di rilevanti dimensioni realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.

Sul punto è appena il caso di ricordare che secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, "La realizzazione, in area assoggettata a vincolo paesaggistico, di nuova costruzione in assenza di permesso di costruire non è suscettibile di sanatoria ai sensi dell'art. 32 D.L. n. 269 del 2003." (sez. III, 17.2.2010 n. 16471, Giardina, RV 246759; conf. sez. III, 11.4.2007 n. 35222, Manfredi e altro, RV 237373; sez. III; 4.5.2004 n. 37865, Musio, RV 230030; sez. III, 24.3.2009 n. 24647, Marra, RV 244025).

Indirizzo interpretativo la cui legittimità costituzionale ha trovato riscontro nella pronuncia della Corte Costituzionale, ordinanza n. 150 del 2009, che ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità sollevata sul punto.

Il ricorso, pertanto, veniva rigettato con le conseguenze di legge.
Andrea Settembre
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