01/01/2013 - 01:00

La presentazione della domanda di condono e l'interesse a ricorrere contro l'ordinanza di demolizione

La presentazione della domanda di condono fa venire meno l'interesse alla decisione del ricorso contro l'ordinanza di demolizione dell'abuso - T.A.R. Campania Napoli Sez.7^ 14/10/2011 Sentenza n.4841
In materia edilizia, il T.A.R. Campania Napoli Sez.7^ 14/10/2011, Sentenza n. 4841, ha pronunciato un'interessante decisione affermando che "la presentazione della domanda di condono fa venire meno l'interesse alla decisione del ricorso contro l'ordinanza di demolizione dell'abuso, considerato che, da un lato, il rilascio della concessione in sanatoria produce evidentemente l'improcedibilità del ricorso e, dall'altro, uguale effetto si produce in caso di diniego di condono, concentrandosi l'interesse nel contestare con apposito ricorso l'eventuale provvedimento di diniego della sanatoria ed il conseguente doveroso nuovo provvedimento sanzionatorio, nei termini e nei limiti in cui essa è stata richiesta".

Nel caso di specie, il sig. R. G. ha impugnato l'ordinanza. n. ... del 3/12/1999 con cui il Comune di V. E. gli ingiungeva la demolizione di un manufatto abusivo, deducendo diversi vizi di eccesso di potere e di violazione di legge.

In data 28 giugno 2011 il Comune resistente si costituiva in giudizio, depositando memoria difensiva, con allegati documenti, in cui evidenziava che il ricorrente, dopo la notifica dell'ordinanza di demolizione e la proposizione del ricorso, aveva presentato istanza di condono edilizio ai sensi della D.L. 269/2003, convertito nella legge 326/2003, in relazione al manufatto in oggetto, chiedendo pertanto che il ricorso venisse dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. In data 4 luglio 2011 anche parte ricorrente depositava documentazione attestante l'avvenuta presentazione della domanda di condono.

Alla stregua di quanto evidenziato dalle parti, il Collegio non poteva che pervenire alla declaratoria di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Infatti per costante giurisprudenza "la presentazione della domanda di condono fa venire meno l'interesse alla decisione del ricorso contro l'ordinanza di demolizione dell'abuso, considerato che, da un lato, il rilascio della concessione in sanatoria produce evidentemente l'improcedibilità del ricorso e, dall'altro, uguale effetto si produce in caso di diniego di condono, concentrandosi l'interesse nel contestare con apposito ricorso l'eventuale provvedimento di diniego della sanatoria ed il conseguente doveroso nuovo provvedimento sanzionatorio, nei termini e nei limiti in cui essa è stata richiesta" (ex multis T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 07 settembre 2010 , n. 32129; T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 15 luglio 2010 , n. 16806; T.A.R. Toscana Firenze, sez. III, 26 febbraio 2010 , n. 516; T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 03 aprile 2007 , n. 1499).

Afferma inoltre il Collegio, "né può ritenersi di ostacolo alla declaratoria di improcedibilità il disposto dell'art. 32 comma 27 lett. d) della d.l. 269/2003, in considerazione della circostanza dell'eventuale presenza, peraltro nemmeno indicata nel gravato provvedimento, di un vincolo di inedificabilità relativa sulla zona de qua, derivante dal P.U.T.".

Come infatti già ritenuto dalla Sezione (ex multis T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 10 dicembre 2009 , n. 8608) l'art. 32 comma 27, lett. d), d.l. n. 269 del 2003 è previsione normativa che esclude dalla sanatoria le opere abusive realizzate su aree caratterizzate da determinate tipologie di vincoli (in particolare, quelli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e della falde acquifere, dei beni ambientali e paesaggistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali), subordinando peraltro l'esclusione a due condizioni costituite: a) dal fatto che il vincolo sia stato istituto prima dell'esecuzione delle opere abusive; b) dal fatto che le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo risultino non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.

Da tale ricostruzione emerge, quindi, un sistema che consente la sanatoria delle opere realizzate su aree vincolate solo in due ipotesi, previste disgiuntamente, costituite dalla realizzazione delle opere abusive prima dell'imposizione dei vincoli (e, in questo caso, trattasi della mera riproposizione di una caratteristica propria della disciplina posta dalle due precedenti leggi sul condono con riferimento ai vincoli di inedificabilità assoluta di cui all'art. 33 comma 1, l. n. 47 del 1985); dal fatto che le opere oggetto di sanatoria, benché non assentite o difformi dal titolo abilitativo, risultino comunque conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.

Poste tali premesse, in base alla disciplina posta dal d.l. n. 269 del 2003, il Collegio afferma che: "la sanabilità delle opere realizzate in zona vincolata è radicalmente esclusa solo qualora si tratti di un vincolo di inedificabilità assoluta e non anche nella diversa ipotesi di un vincolo di inedificabilità relativa, ossia di un vincolo superabile mediante un giudizio a posteriori di compatibilità paesaggistica"

"Infatti, è ben possibile ottenere la sanatoria delle opere abusive realizzate in zona sottoposta ad un vincolo di inedificabilità relativa, purché ricorrano le condizioni previste dall'art. 32, comma 27, lett. d), d.l. n. 269 del 2003, convertito dalla l. n. 326 del 2003: è pertanto evidente che detta valutazione dovrà essere compiuta dal Comune in sede di definizione della procedura di condono".

Il TAR dichiarava pertanto il ricorso improcedibile.
Andrea Settembre
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