04/10/2013 - 20:07

La gestione dell'elettrosmog e gli enti locali

L'ente locale, con la propria attività di regolamentazione e pianificazione, non può determinare limitazioni generalizzate alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale

La normativa che regolamenta la localizzazione degli impianti di telefonia mobile si basa sulla del Iegge agosto 2002, n. 166, la quale in esecuzione delle direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002 attribuisce allo Stato la competenza a gestire la copertura del sistema di comunicazioni mediante telefonia mobile.


Parimenti, bisogna aggiungere il decreto legislativo I agosto 2003, n. 259, emanato in attuazione della delega contenuta nell'art. 41 della predetta legge n. 166.


Partendo dal predetto quadro normativo, si è scelto d'inserire le infrastrutture di reti di telecomunicazione fra le opere di urbanizzazione primaria (articolo 86 del citato decreto legislativo n. 259 del 2003), esprimendo così un principio fondamentale della legislazione urbanistica, come tale di competenza dello Stato (Cons. Stato, Sez. VI, 27 dicembre 2010, n. 9404).


Proprio in tale direzione la giurisprudenza ha evidenziato che il potere a contenuto pianificatorio dei comuni di fissare, ai sensi dell'articolo 8, comma sesto, della legge 22 febbraio 2001, n. 36, criteri localizzativi per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici non può tradursi in un generalizzato divieto d'installazione in zone urbanistiche identificate, dovendo consistere invece in regole ragionevoli, motivate e certe, poste a presidio di interessi di rilievo pubblico.


Diversamente l'intervento comunale verrebbe infatti a costituire un'inammissibile misura di carattere generale, sostanzialmente cautelativa rispetto alle emissioni derivanti dagli impianti di telefonia mobile, in contrasto con l'articolo 4 della legge n. 36/2001 - che riserva alla competenza dello Stato la determinazione, con criteri unitari, dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, in base a parametri da applicarsi su tutto il territorio italiano (Cons. Stato, Sez. VI, 27 dicembre 2010, n. 9414; 15 giugno 2011, n. 3646)- e incompatibile con l'attuarsi dell'interesse, di rilievo nazionale, alla capillare distribuzione del servizio (Corte Cost., n. 307/2003; n. 331/2003).
Da ciò discende che , debbono considerarsi illegittime quelle previsioni urbanistiche che precludano in toto l'installazione delle stazioni di rete mobile (Cons. Stato, Sez. VI, 9 giugno 2005 n. 3040 e 5 dicembre 2005 n. 6961), mentre è ammesso che i comuni adottino misure programmatorie integrative per la localizzazione di tali impianti, sia al fine di minimizzare l'esposizione dei cittadini residenti ai campi elettromagnetici, sia nell'ottica di un'ottimale disciplina d'uso del territorio (Cons. Stato, Sez. VI, 3 giugno 2002, n. 3095; 20 dicembre 2002, n. 7274; 10 febbraio 2003, n. 673; 26 agosto 2003, n. 4841).


Pertanto, l'ente locale, con la propria attività di regolamentazione e pianificazione, non può imporre limitazioni generalizzate alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale, specie se ciò avviene in assenza di compiuti rilievi istruttori, risultanze di carattere scientifico, ovvero senza plausibili ragioni giustificative (Cons. Stato, Sez. VI, 3 marzo 2010 n. 4280; 30 luglio 2003 n. 4391; 26 agosto 2003 n. 4841).
 

Alessio Elia
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