01/01/2013 - 01:00

Il danno da mancato godimento dell'immobile: il "danno figurativo"

In relazione alla pretesa risarcitoria per il mancato godimento dell'immobile, viene in rilievo un danno in re ipsa, individuabile, di per sé, nella perdita della disponibilità del bene da parte del dominus, così come nell'impossibilità, per questi, di conseguire l'utilità anche solo potenzialmente ricavabile dal bene medesimo, in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso - Tribunale Brindisi, sez. Ostuni, sentenza 19.12.2011
Nel caso di specie, l'attrice domandava il rilascio in proprio favore della metà dell'appartamento in O. al l.go T. e la condanna dei convenuti al pagamento delle quota di spese sopportate per la legittima intestazione dell'immobile, delle ulteriori spese tecniche, della metà del valore locativo dai convenuti stessi goduto, della metà del valore dei beni mobili già ivi siti.

I convenuti, costituitisi, oltre alla declaratoria dell'inammissibilità delle domande attoree, svolgevano domanda riconvenzionale per la compensazione tra il credito dell'attrice e quello da loro vantato a titolo di rimborso pro quota degli esborsi sostenuti per ICI, t.a.r.s.u., manutenzione ordinaria, straordinaria, oltre le spese legali.

Dopo la concessione del sequestro giudiziario, il Giudice della Sez Dist. di Ostuni con sentenza parziale n.111/06 disponeva il rilascio dell'immobile in favore dell'attrice.

Il Tribunale ha ritenuto, al riguardo, che si sia configurato il danno da mancato godimento come danno in re ipsa:

"In relazione alla pretesa risarcitoria dell'attrice per il mancato godimento dell'immobile, questo Giudice ritiene che, nel caso di specie, venga in rilievo un danno in re ipsa, individuabile, di per sé, nella perdita della disponibilità del bene da parte del dominus, così come nell'impossibilità, per questi, di conseguire l'utilità anche solo potenzialmente ricavabile dal bene medesimo, in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso";

"Tale ordine di considerazioni è avvalorato dall'apprezzabile protrarsi nel tempo dell'occupazione esclusiva, da parte dei convenuti dell'immobile comune";

"Alla durata dell'occupazione deve essere commisurata l'entità del suddetto pregiudizio in quanto - in base ad una massima di comune di esperienza di difficile smentita - deve ritenersi che l'immobile sarebbe stato oggetto di un'utilizzazione fruttifera, mediante, ad esempio, la sua locazione".

D'altronde, la configurazione del danno quale danno-conseguenza è stata consacrata, dalla Suprema Corte, a Sezioni Unite, con la pronuncia dell'11.11.2008 in relazione al solo danno non patrimoniale, in ragione sia della peculiare natura dello stesso, in quanto idoneo ad attingere beni personali di rilevanza costituzionale, sia della tendenza, affermatisi nell'ambito della giurisprudenza di prossimità, a moltiplicare le ipotesi di danno risarcibile.

La determinazione del risarcimento del danno, da lucro cessante, ben può essere operata in tali ipotesi, sulla base di elementi presuntivi semplici, anche facendo riferimento al cosiddetto "danno figurativo" e, quindi, al valore locativo del cespite abbandonato (Cass. 21/1/2000 n. 649; 18/2/1999 n. 1373; 4/2/1998 n. 1123).

Il Tribunale, quindi, ha affermato: "Poiché parte attrice è titolare della sola metà dell'immobile, il risarcimento ad essa spettante può essere ragguagliato alla metà del relativo valore locativo per il tempo in cui essa é stata illegittimamente esclusa dal godimento".

Il Tribunale, inoltre, ha affermato che "la natura simulata del contratto esclude la buona fede del possessore".

In particolare, parte convenuta assumeva che mai la pretesa risarcitoria potrebbe essere riconosciuta fin al 1985 - data di stipula dell'atto simulato - "considerata la buona fede dei possessori";

A tal riguardo, il Tribunale richiama l'orientamento per cui "la buona fede - che qualifica il possesso idoneo ex art.1148 c.c. a determinare il (lecito) acquisto dei frutti della cosa (posseduta) fino al giorno della domanda giudiziale di restituzione - si presume (ex art. 1147, comma 3, c.c.) e prescinde dall'esistenza di un titolo valido ed efficace. Infatti, a rilevare (ex art. 1147, comma 1, citato) è la cosiddetta opinio dominii, ossia il ragionevole convincimento di poter esercitare sulla cosa posseduta il diritto di proprietà (od altro diritto reale) senza ledere la sfera altrui".
Il Tribunale afferma tuttavia che "il principio summenzionato è ragionevole e condivisibile ma inapplicabile al caso di specie, essendo l'avvenuta declaratoria di simulazione del loro atto di acquisto, inconciliabile con una condizione soggettiva di buona fede al momento dell'acquisto del bene stesso";
"D'altra parte, il fenomeno simulatorio, per sua stessa natura, presupponendo una compartecipazione soggettiva di entrambe le parti del negozio simulato alla realizzazione dell'intento simulatorio".

Relativamente al diritto al rimborso delle sole spese collegate alla qualità di dominus, il Tribunale ha affermato:

 "I convenuti hanno diritto al rimborso da parte dell'attrice di metà delle spese affrontate, a titolo di tassa per lo smaltimento dei rifiuti, nonché per il pagamento dell' i.c.i., nonché delle spese condominiali, relative all'ordinaria e straordinaria manutenzione dell'immobile, in quanto esborsi strettamente connessi alla titolarità della proprietà del bene. Ciò, in virtù della stessa configurazione della fattispecie impositiva, che prevede, fra i propri elementi costitutivi, la qualità di proprietario, nonché dell'obbligo di pagamento degli oneri condominiali, riconducibili allo schema dell'obligatio propter rem".

Il Tribunale, infine, ha condannato i convenuti, in solido, al pagamento, in favore dell'attrice, di euro ....., oltre interessi di legge dal momento della domanda: somma pari alla differenza fra quanto da essi dovuto e (euro ....) quanto da essi sborsato per l'immobile de quo in relazione alla quota di parte attrice.
Andrea Settembre
autore