24/10/2016 - 15:38

Gomma da riciclo di Pneumatici Fuori Uso: analisi sulla sicurezza nell'utilizzo come intaso di campi di calcio artificiali

Oggi i campi da calcio artificiali sono costituiti da tappeti di fili di erba sintetica (PE o PP) mantenuti in posizione verticale da un “intaso” di sabbia e granuli elastici di varia natura, tra questi anche la gomma riciclata da Pneumatici Fuori Uso, o PFU. Un recente studio promosso in Italia da Ecopneus fa chiarezza sulla sicurezza dei granuli da riciclo di PFU per tale impiego: "L’utilizzo di gomma riciclata da PFU garantisce un migliore confort di gioco e una maggiore durata dell’erba sintetica. Inoltre contribuisce all’abbattimento degli impatti ambientali, riducendo il consumo di materie vergini derivanti da risorse non rinnovabili e migliorandone l’impronta ecologica"[1]. Un sistema virtuoso che va nella direzione di quell’economia circolare che l’Unione Europea promuove come soluzione per uno sviluppo economico sostenibile per il futuro del pianeta.

La gomma riciclata da PFU ha la stessa composizione chimica dei pneumatici nuovi, derivando da un semplice processo di frantumazione degli stessi, senza aggiunta di alcun additivo, né di sostanze di alcun tipo.

La frantumazione dei PFU in Italia, nella filiera industriale coordinata da Ecopneus, avviene in circa 20 impianti dislocati in tutta Italia, che operano a contratto con Ecopneus seguendo capitolati che impongono una serie di vincoli relativi alla qualità delle fasi di lavorazione (ingresso del materiale, stoccaggio, triturazione, insaccamento). Ecopneus ha inoltre attivato un percorso di certificazione di qualità, con l’ausilio della società Certiquality.

L’utilizzo di intasi derivanti da riciclo di PFU è stato più volte contestato in passato per il sospetto che alcune sostanze considerate tossiche contenute in componenti della gomma vulcanizzata (come gli IPA, Idrocarburi Policiclici Aromatici) potessero migrare dai granuli di gomma ai giocatori, attraverso contatto con la pelle, o attraverso inalazione.

Per indagare in merito a possibili rischi per la salute, derivanti dall’uso di gomma da riciclo di PFU in applicazioni dove può esserci un contatto con l’utilizzatore, nel 2014 Ecopneus ha avviato una serie di studi e analisi scientifiche.

Lo studio è durato due anni e si è sviluppato attraverso tre fasi: il campionamento dei pneumatici e l’analisi in merito al contenuto di IPA; i test di laboratorio relativi alla potenziale cessione di IPA dal granulo nero ai fluidi biologici; le prove su campi intasati con granuli nobilitati (i granuli protetti dalla tradizionale coloratura poliuretanica utilizzata in Italia, normalmente di colore verde o marrone) per verificare l’effettiva esposizione dei giocatori negli impianti sportivi con erba artificiale tipicamente installati in Italia.

La presenza di IPA nei PFU: campionamento dei pneumatici e analisi del contenuto.
Il piano di campionamento, supervisionato da Bureau Veritas, ha permesso la caratterizzazione chimica e tossicologica della gomma riciclata da diverse tipologie di PFU.
Presso 5 impianti di riciclo sono stati classificati quasi 4000 PFU in base all’età e al paese di provenienza del pneumatico. 70 campioni di granuli e polverini di provenienza nota sono stati consegnati a 4 laboratori italiani ed esteri[2] per eseguire una caratterizzazione completa della gomma.


E’ stato quindi possibile confrontare la composizione della gomma riciclata da pneumatici prodotti in Europa o in paesi extra-europei, prima e dopo il 2010, data di introduzione del divieto di utilizzo degli olii aromatici (responsabili del contenuto di IPA) nella produzione di nuovi pneumatici[3].

L’Istituto per le Ricerche Farmacologiche Mario Negri-IRCCS ha misurato il contenuto di IPA presenti nella gomma dei PFU, ne ha valutato la biodisponibilità e quantificato i rischi associati all’esposizione dermica ed inalatoria negli scenari di impiego più comuni.
Il contenuto di IPA nella gomma è risultato molto limitato in tutti i campioni analizzati: la somma degli otto IPA soggetti alla restrizione 28 del Regolamento REACh è compreso tra 5 e 20 ppm (o, se si preferisce mg/kg), ossia valori da 100 a 10.000 volte inferiori al limite previsto per le miscele destinate alla vendita al pubblico.


Il rischio di migrazione degli IPA dai granuli di gomma da PFU: i test di laboratorio
I test di migrazione nel sudore e in surfattanti polmonari (simulanti delle sostanze presenti negli alveoli polmonari) effettuati dall’Istituto Mario Negri-IRCCS su gomma non nobilitata (nera) hanno evidenziato la scarsa biodisponibilità di tali sostanze, che rimangono intrappolate all’interno della gomma vulcanizzata e quindi non sono assorbite dal corpo umano, né per contatto dermico né per inalazione.


Nei test di migrazione degli IPA in sudore artificiale i valori massimi di cessione misurati sono equivalenti a fattori di migrazione molto inferiori a 0,01% del contenuto di ciascuna sostanza, valori che permettono di definire come altamente improbabile la migrazione degli IPA della gomma per semplice contatto dermico. Anche i fattori di migrazione misurati in diversi simulanti del surfattante polmonare permettono di definire “limitata” la biodisponbilità degli IPA anche nelle condizioni più estreme.

Il rischio di migrazione degli IPA da campi artificiali intasati in granulo da PFU nobilitato
Contemporaneamente, gli esperti di Waste and Chemicals hanno condotto una serie di 15 monitoraggi presso campi in erba naturale e campi in erba artificiale intasati con gomma da PFU nobilitata o con intasi organici per valutare l’esposizione agli IPA dei lavoratori durante la posa in opera della gomma e degli atleti durante le partite di allenamento sulle diverse superfici di gioco.


Oltre a misurare la qualità dell’aria inalata durante i monitoraggi e la deposizione dermica di eventuali polveri di gomma, sono state analizzate anche le urine di lavoratori e atleti per verificare se a seguito dell’esposizione alla gomma vi fosse una variazione di concentrazione dell’idrossipirene che indicasse l’assorbimento di IPA: anche in questo caso le analisi hanno escluso l’esposizione agli IPA riconducibile alla gomma da PFU.

I monitoraggi effettuati confermano quanto osservato dagli studi internazionali, ossia un valore di rischio cancerogeno incrementale significativamente inferiore (di un ordine di grandezza) a quello raccomandato per la popolazione generale di 1x10-6.

Ciò significa che una persona esposta quotidianamente alla gomma sui campi da gioco (es. un giocatore professionista che si allena quotidianamente per 3-5 h) per un periodo rilevante della propria vita (es. per 20-40 anni), ha meno di una probabilità su un milione di contrarre una patologia anche grave a causa dell’esposizione agli IPA contenuti nell’intaso.

Sia durante la posa dell’intaso (lavoratori) che durante la pratica sportiva (giocatori), il rischio da esposizione dermica è inferiore al rischio inalatorio; va tra l’altro evidenziato che durante tutti i monitoraggi effettuati, la concentrazione degli IPA misurati in aria è dipendente dal livello di inquinamento atmosferico locale.
Pettanto da tutte le analisi condotte – sia in laboratorio, sul granulo nero, sia in campo in condizioni reali, su granulo nobilitato – è emerso un quadro rassicurante che conferma l’assenza di rischi significativi per la salute dei lavoratori e degli atleti che giocano su campi sintetici con intaso in gomma riciclata da PFU.


La gomma riciclata da pneumatici contiene infatti quantità molto limitate di IPA, ben al di sotto delle soglie massime considerate di sicurezza, e queste quantità di IPA hanno comunque un grado di biodisponibilità non significativo, quasi non rilevabile. I risultati sono peraltro coerenti con le numerose pubblicazioni scientifiche degli ultimi dieci anni.

Le recenti polemiche in Olanda: la posizione di Ecopneus
In merito alle recenti notizie apparse sulla stampa olandese, riprese anche da alcune testate in Italia, riferite a campi in erba sintetica con intaso in gomma, che si sospetta abbiano contenuti eccessivamente alti di sostanze tossiche diverse dagli IPA, facciamo presente come, in assenza di tracciabilità circa la provenienza della gomma da intaso utilizzata in quei campi, non si possa si possa dare per scontato che si tratti di gomma derivante da riciclo di PFU, o che non vi possano essere state commistioni con altre sostanze, additivi o materiali, o che non vi possa essere la presenza di contaminanti ambientali di varia natura.


La filiera italiana del riciclo dei Pneumatici Fuori Uso coordinata da Ecopneus oggi è controllata, tracciata e soggetta a verifiche anche da parte di organi terzi e quindi consente di scongiurare questi rischi.
Ecopneus in proposito sostiene che la tracciabilità e la certificazione di qualità di filiera debba essere l'imprescindibile via da percorrere in tutti i Paesi. 

 


[1] legata alla loro estrazione, trasformazione, trasporto.
[2]CERISIE, Tun Abdul Razak Research Center, Biochemical Institute for Environmental Carcirogens (Dr.Grimmer Foundation) e Istituto Mario Negri-IRCCS

[3]Il punto n. 50 dell’allegato XVII del REACh prevede il divieto di utilizzare per la produzione di pneumatici gli oli plastificanti contenenti più di 1 mg/kg di BaP o più di 10 mg/kg totali di 8 IPA elencati. A partire da Gennaio 2010, è vietata l’immissione al mercato di pneumatici o fasce-battistrada per la ricostruzione che contengano gli oli “aromatici” di cui sopra. La progressiva eliminazione dei pneumatici prodotti con oli aromatici porterà nei prossimi anni alla ulteriore riduzione del contenuto di IPA nella gomma; ciononostante, la presenza in tracce di tali sostanze nel carbon black ne preclude la completa scomparsa.

 

Allegati:
Andrea Pietrarota
Direttore Responsabile
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