19/07/2018 - 16:45

Clean Sea Life: a pesca di rifiuti con i pescatori di quattro porti italiani

A pesca di rifiuti con i pescatori: in Adriatico emergono quintali di retine di allevamento per le cozze. Dalla sperimentazione Clean Sea Life affiorano, oltre a una tonnellata e mezzo di rifiuti, opportunità e criticità per la bonifica dei fondali. Avviata in quattro porti, grazie al progetto europeo, la collaborazione di sistema per il corretto smaltimento della spazzatura marina.

pesca di rifiuti

Si è conclusa la prima fase della sperimentazione di ‘pesca al rifiuto’ del progetto europeo Clean Sea Life capitanato dal Parco Nazionale dell’Asinara, che ha coinvolto quattro Regioni italiane affacciate sul Tirreno e Adriatico. In una notte trentaquattro pescherecci di Porto Torres, Rimini, San Benedetto del Tronto e Manfredonia hanno raccolto, insieme a triglie, polpi e canocchie, una tonnellata e mezza di spazzatura accumulata sui fondali che è poi stata smaltita a terra.

Nelle reti a strascico sono rimasti impigliati attrezzi da pesca perduti o abbandonati, copertoni, bottiglie, sacchetti, teli e stoviglie di plastica, tubi, boe, secchi di vernice e una quantità notevole di reste, le retine di allevamento delle cozze che con 424 kg rappresentano circa un terzo del peso totale raccolto. La presenza di reste in Adriatico sale dal 9% a San Benedetto del Tronto, il 15% a Rimini e si impenna con il 73% a Manfredonia.

I dati, pur limitati a una sola giornata di pesca, rappresentano un importante punto di partenza per la valutazione della natura e quantità dei rifiuti recuperati dai pescatori in aree molto diverse, per natura del fondale e tipologia di pesca. “Il valore di questa iniziativa va però ben oltre la quantità di spazzatura raccolta”, spiega Eleonora de Sabata, portavoce di Clean Sea Life. “In questi quattro porti si è iniziato ad affrontare in modo integrato il problema dei rifiuti accumulati sul fondale. Il vero successo è stato avviare una collaborazione fra pescatori, amministrazioni comunali, Autorità di Sistema Portuale, Capitaneria di Porto, aziende di smaltimento, tutti determinati ad affrontare un problema forse poco visibile ma di grande impatto sull’ambiente”.

Nel nostro Paese la “pesca ai rifiuti”, nonostante l’efficacia dimostrata da varie attività sperimentali, ha ancora scarsa diffusione a causa principalmente dell’assenza di norme di riferimento e iter procedurali chiari e uniformi sul territorio nazionale. Ad esempio, in gran parte dei porti l’area per lo smaltimento dei rifiuti marini prevista dal Collegato Ambientale nel 2015 non è stata ancora individuata; e se dal 2003 la legge solleva il pescatore dal costo dello smaltimento del rifiuto pescato, non è ancora chiaro chi debba invece farsene carico. La mancanza di codici specifici che caratterizzino alcuni oggetti della spazzatura recuperata in mare rappresenta poi un ulteriore ostacolo. E in assenza di una filiera a terra che ne assicuri la gestione, i rifiuti raccolti vengono rigettati in mare.

Per contribuire a colmare queste lacune e incentivare il recupero e smaltimento della spazzatura marina recuperata nelle attività di pesca, Clean Sea Life ha quindi previsto una serie di attività pilota e dimostrative che si sono svolte quest’anno fra giugno e luglio, e che si ripeteranno nel 2019 e 2020. In ciascun porto, la sinergia fra istituzioni locali e pescatori ha consentito di trovare soluzioni condivise. Parallelamente, il confronto con le Autorità nazionali ha evidenziato i gap di conoscenza che rallentano l’identificazione di un iter procedurale codificato a livello centrale. Il protocollo di monitoraggio è stato quindi integrato per fornire al Ministero dell’Ambiente una preziosa base conoscitiva sulla natura, quantità e soluzioni locali di gestione dei rifiuti marini, che aiuteranno a colmare alcune di queste lacune.

Il progetto Clean Sea Life (LIFE15 GIE/IT/000999, www.cleansealife.it), cofinanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma LIFE, ha l’obiettivo di contrastare l’accumulo dei rifiuti marini lungo le coste italiane attraverso azioni di sensibilizzazione e la diffusione di buone pratiche di gestione fra gli operatori e le autorità locali, regionali e nazionali. Il progetto, iniziato a fine settembre 2016, terminerà nel 2020 e ha come capofila il Parco Nazionale dell’Asinara con i partner CoNISMa, Fondazione Cetacea, Legambiente, MedSharks e MPNetwork.

Tommaso Tautonico
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