01/01/2013 - 01:00

Caldo: allevamenti senza cibo per l'inverno

L'esaurimento delle scorte di cereali e foraggi, insieme al calo produttivo degli animali da latte (meno 20 per cento), pesa sui bilanci aziendali delle aziende zootecniche. E aumenta la dipendenza dall'estero di un settore che già importa il quasi il 90 per cento della soia e la maggior parte dei mangimi.
L'afa e il caldo torrido "bruciano" cereali e foraggi e impennano i costi produttivi delle aziende zootecniche. E ora è Lucifero, l'ennesimo anticiclone africano, a lasciare ancora per diversi giorni i campi italiani all'asciutto e a prolungare l'agonia di uno dei settori che sconta di più questa prolungata siccità, quello zootecnico, che potrebbe pagare pesantemente il crollo dei raccolti di soia (-50 per cento) e di mais (-30 per cento) e l'esaurimento delle scorte di foraggio. Il rischio è un importante ricorso all'import, che penalizzerebbe fortemente un settore già fortemente dipendente dall'estero. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori.
 
Nelle stalle italiane -spiega la Cia- si teme per un'ulteriore erosione dei redditi, dovuta al moltiplicarsi delle voci di spesa nei bilanci aziendali, su cui adesso grava la spesa aggiuntiva degli alimenti per gli animali e l'aumento della domanda di mangimi, che va a sommarsi alla crescita congiunturale dei costi di produzione e degli oneri burocratici, caratteristica del comparto. A questo si aggiunge l'importante calo produttivo degli animali da latte, dovuto al caldo torrido e all'afa prolungata, che stressano il bestiame, fino ad abbassare la produzione di più del 20 per cento.
 
Il problema dell'esaurimento delle scorte del cibo per il bestiame -continua la Cia- va ad aumentare l'import di un comparto che già vi ricorre ampiamente, soprattutto per quanto riguarda la soia, visto che nel nostro Paese se ne produce appena il 10-15 per cento della domanda interna. Diversa è la situazione per il mais, visto che l'Italia può contare su una quasi totale autosufficienza, producendo più del 90 per cento del fabbisogno nazionale. Ma anche per questo comparto produttivo a questo punto si teme per un ricorso più massiccio all'import. È per questo -conclude la Cia- che è arrivato il momento, non più rinviabile, di operare delle scelte volte a incentivare la nostra produzione di proteine vegetali, favorendo finanziamenti di azioni dedicate, così come noi proponiamo da tempo.
Vesna Tomasevic
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