01/01/2013 - 01:00

Primo impianto per il recupero delle pile in Italia

S.E.Val, l'azienda leader nel recupero dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche situata sulle sponde del lago di Como, ha ideato un innovativo sistema per il recupero delle materie prime-seconde di cui sono composte le normali batterie alcaline e zinco-carbone.

Il nuovo impianto permetterà di trattare 10mila tonnellate di pile all'anno. Prima, per essere correttamente trattati e recuperati, questi materiali dovevano essere inviati all'estero, soprattutto in Francia e in Germania.
 «Un simile quantitativo rappresenta un vero pericolo per l'ambiente, ma anche una rilevante fonte di materie prime-seconde che possono essere reintrodotte nel ciclo produttivo" ha dichiarato Alfredo Ardenghi titolare di S.E.Val.
"Abbiamo voluto adottare un procedimento di recupero di tipo "idrometallurgico" basato sull'utilizzo di acqua che, a fronte di un impatto ambientale praticamente nullo, permette di ottenere un recupero quasi totale della pila: circa il 95% in peso. In Europa, la maggior parte degli impianti è invece di tipo "pirometallurgico", tecnica che si basa sull'utilizzo di forni ed elevate temperature, comporta un elevato consumo di energia, un elevato impatto ambientale e garantisce limitate percentuali di recupero del materiale" ha spiegato l'imprenditore. 
 
Ma come funziona quest'impianto nato in collaborazione con l'università "La Sapienza" di Roma e l'università degli Studi dell'Aquila?
La prima fase del ciclo di lavorazione prevede la separazione di tutti quei materiali che non possono essere definiti pile o accumulatori (come lampadine, toner, chiavi, cellulari, bottiglie, lattine) ma che si trovano comunque nei contenitori per le pile.
Segue una fase di riconoscimento e suddivisione delle pile a seconda della tipologia. Infatti, per avere una lavorazione economicamente corretta e in grado di fornire elevate efficienze di recupero è necessario che ogni tipologia di pila e accumulatore (alcaline, zinco-carbone, nichel-metal-idruro, litio-ione, piombo, etc.) venga trattata con un processo adeguato. 
 
Le pile così suddivise vengono sottoposte ad una serie di trattamenti meccanici che permettono di separare il metallo utilizzato per l'involucro e le eventuali componenti plastiche da quella che, in gergo, è definita "black mass", una "pasta" composta da carbonio, zinco e manganese che costituisce il 70% del materiale sottoposto a trattamento. Tramite una successione di reazioni e una fase di recupero elettrolitico è possibile ottenere lamine di zinco metallico puro al 99% e ossidi di manganese utilizzabili come pigmenti. 
Una volta a regime, l'impianto permetterà di reimmettere sul mercato circa 8mila tonnellate di materie prime-seconde all'anno
A questo primo impianto sul lago di Como ne seguirà uno in Basilicata presso la società Ri.Plastic di Potenza.
Lisa Zillio
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