01/01/2013 - 01:00

Nasa: „Satellite da 6,5 tonnelate cadrà sulla Terra'

Il cielo talvolta inquieta. Nel giro di qualche settimana, ma forse già il 23 settembre, un corposo satellite scientifico della Nasa cadrà sulla Terra, e, come sempre accade in questi casi, c’è chi teme che possibili frammenti possano arrivare in superficie provocando danni. L’oggetto è il satellite per lo studio dell’atmosfera UARS portato in orbita esattamente vent’anni fa, nel settembre del 1991 con lo shuttle Discovery del quale riempiva quasi l’intera stiva essendo lungo 12 metri e largo poco più di quattro. Massiccio anche nel contenuto, raggiungeva le sei tonnellate e mezza.
Ecco perché qualcuno immagina che certe parti non riescano a disintegrarsi completamente quando precipiterà definitivamente nell’atmosfera sbriciolandosi nella vampata dell’attrito. La Nasa lo sta seguendo, ma non potendolo gestire con assoluta perfezione qualcosa potrebbe sfuggire. Però i controllori stanno facendo di tutto per governarne la caduta in modo da provocarla quando si troverà a sorvolare l’Oceano Pacifico come sempre accade in questi casi. Intanto lentamente si abbassa e quando incontrerà gli strati atmosferici più densi il suo tuffo senza speranza si farà rapido e definitivo.

La Nasa informando di quanto sta succedendo e pur non essendo in grado di indicare il giorno preciso, garantisce che nulla di pericoloso si verificherà ricordando che da mezzo secolo numerosi satelliti piovuti sulla Terra alla fine della loro vita non hanno mai causato danni alle persone o alle cose. Non si può tuttavia dimenticare che il satellite militare sovietico Cosmos 954 per la sorveglianza oceanica e dotato di un reattore nucleare, cadde nel gennaio 1978 in zone per fortuna disabitate del Canada e che il recupero immediatamente avviato da americani e canadesi con l’ «Operation Morning Light» portò alla raccolta di dodici pezzi di non trascurabile entità, alcuni dei quali carichi di radioattività.

Ma, ovviamente, non è il caso di UARS (Upper Atmosphere Research Satellite) che non ha reattori atomici a bordo e che comunque viene in qualche modo ancora seguito. Pur essendo stata la sua vita piuttosto difficile ancora prima di essere lanciato, per la scienza dell’atmosfera rimarrà uno strumento che ha fatto storia. Intanto era partito con anni di ritardo perché lo scoppio dello shuttle Challenger nel 1986 provocava la paralisi dei voli. Una volta lanciato cominciava presto a soffrire di disturbi al pannello di celle solari che forniva energia e in seguito a vari sensori per cui veniva in qualche occasione interrotta la sua attività finendo poi per funzionare solo parzialmente. Tuttavia i suoi dieci strumenti scientifici (sei sono ancora funzionanti) hanno compiuto un lavoro prezioso.

È stato UARS infatti, tra i numerosi risultati, a compilare la prima mappa del clorofluorcarburi che distruggono la fascia di ozono atmosferico proteggendo dalla radiazioni ultraviolette e rilevandone anche le variazioni stagionali. Decifrava in seguit i vortici atmosferici nelle zone polari, il ruolo di particelle energetiche nella chimica della stratosfera e per la prima volta misurava i venti dallo spazio. Nel team di scienziati che lavoravano con i dati ricevuti al centro Goddard della Nasa c’era anche il premio Nobel Paul Crutzen. Volava a seicento chilometri d’altezza ma dal 2005 non era quasi più utilizzabile perché troppo acciaccato. Doveva lavorare per tre anni e invece diventava il satellite atmosferico più longevo mai lanciato. Ora la sua storia e il suo tormentato ruotare intorno alla Terra si sta per concludere. Speriamo senza lasciare cattivi ricordi finali.    

Fonte: corriere.it
Vesna Tomasevic
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