01/01/2013 - 01:00

Le tappe che hanno portato allo "scippo" referendario

Un breve riepilogo di come il Governo ha finora provato a cancellare il referendum sul nucleare e a delegittimare quelli sull'acqua. Dalla moratoria post-Fukushima all'emendamento del DL Omnibus fino all'Authority sui servizi idrici.
Marzo: La moratoria dopo l'incidente di Fukushima. Con il Decreto legge n° 34 del 31 marzo 2011 (articolo 5) il Governo introduce una moratoria di un anno sul ritorno dell'energia nucleare in Italia. Il provvedimento, frutto dell'allarme suscitato dall'incidente della centrale di Fukushima, comporta la sospensione momentanea della costruzione di nuovi impianti nucleari, senza prevederne lo stop definitivo. Il decreto pertanto interviene temporaneamente sull'efficacia delle norme oggetto del quesito referendario ma non comporta il venir meno del referendum stesso. Aprile: L'emendamento che prova a cancellare il referendum. Il 20 aprile 2011 il Senato approva un emendamento di 8 commi all'articolo 5 del DL n° 34 del 31 marzo 2011 che, a differenza della precedente moratoria, abroga tutte le disposizioni del quesito referendario sul nucleare nei commi che vanno dal 2° al 7°. Il 1° e l'8° comma motivano l'abrogazione rimandando alla necessità di acquisire dati scientifici più appropriati sotto il profilo della sicurezza nucleare e alla determinazione delle indicazioni provenienti dall'Unione Europea. Questo emendamento da un lato, attraverso l'abrogazione delle norme oggetto del quesito referendario sul nucleare (commi 2-6), tenta di delegittimare il referendum come passaggio necessario per la cancellazione del ritorno dell'atomo in Italia, dall'altro però, stando ai commi 1 e 8, crea una disposizione sospensiva che non assicura l'addio al nucleare, come invece garantisce il referendum o la semplice e pura abrogazione.

L'emendamento pertanto, a dispetto dei proclami di uscita dell'Italia dal programma nucleare fatti dal Governo nel giorno della sua presentazione al Senato, si è rivelato come un semplice artificio per tentare di cancellare la consultazione referendaria, mantenendo intatto l'obiettivo di fondo del Governo di rilancio del nucleare. Qualche giorno dopo, il 26 aprile del 2011 dopo il vertice Italia-Francia, lo stesso Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ammetterà pubblicamente: "Se fossimo andati oggi a quel referendum, il nucleare non sarebbe stato possibile per anni". Maggio: Dopo il nucleare, ci provano con l'acqua. Con il Decreto legge n° 70 del 13 maggio 2011 (articolo 10) viene introdotta un'Agenzia nazionale di vigilanza sulle risorse idriche (cosiddetta Authority) nell'ambito del corpo di normative sulla privatizzazione dei servizi contenute nel Decreto legislativo 152 del 2006 (cosiddetto Codice dell'Ambiente). Il provvedimento sull'Authority, che ha il compito di regolare i costi e la qualità dei servizi, riguarda - senza però incidervi - il secondo quesito referendario sull'acqua, inerente la norma che invece affida al mercato la determinazione della tariffa dei servizi idrici. A seguito delle dichiarazioni di diversi esponenti del Governo e degli ambienti industriali, che ammettono di vedere nei due referendum sull'acqua una minaccia per il business delle aziende che gestiscono i servizi idrici, è lecito pensare che questa norma possa essere usata solo ed esclusivamente come espediente nella dialettica politica per depotenziare anche i quesiti referendari sull'acqua, sebbene, diversamente da quanto avvenuto per il nucleare, non intervenga direttamente su di essi e quindi non incida in alcun modo sulla validità del referendum.
Tommaso Tautonico
autore