08/01/2021 - 19:37

La pandemia mina la leadership e governance dell’OMS

Il focus del nuovo numero di Reputation Review racconta di come la comunicazione inadeguata e contraddittoria abbia peggiorato di oltre il 50% la governance dell’OMS, mettendo a dura prova la sua reputazione.

 

reputation review

La pandemia da covid 19 ha proiettato il mondo intero in una dimensione che ha trovato tutti impreparati. Ad aggravare la situazione si è aggiunta una comunicazione spesso ambigua, con informazioni in contrasto tra loro, che ha creato confusione tra i cittadini.

In questa fase in cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità avrebbe dovuto essere il faro e punto di riferimento durante la pandemia, abbiamo invece assistito alla perdita della sua autorevolezza e reputazione. Il nuovo numero di Reputation Review, l’unica rivista italiana che studia in modo scientifico la reputazione e il suo valore, edita da Zwan, ha affrontato in maniera minuziosa proprio il tema della reputazione dell’OMS e di come abbia registrato un brusco calo nella sua leadership percepita, ma ancor di più nella governance, peggiorata di oltre il 50% in pochi mesi, a causa di evidenti incongruenze organizzative e gestioni poco fluide e chiare a livello di responsabilità. Non sembra essere stata minata, nel complesso, l’affidabilità percepita dei rapporti sull’attuale andamento della pandemia a livello globale e delle indicazioni in merito ai vaccini. 

Per comprendere come la rivista Reputation Review abbia condotto l’analisi e come sia addivenuta a tali conclusioni, abbiamo intervistato Davide Ippolito, curatore della rivista assieme a Joe Casini e CEO di Zwan, azienda specializzata in reputation marketing.

Abbiamo sviluppato un progetto indipendente e superpartes” spiega Ippolito “che è stato anche brevettato, che si chiama Reputation Rating: è un algoritmo che va pesare varie dimensioni della reputazione assegnando un peso specifico. Attualmente tanti settori dell’economia sono basati sulla reputazione; ad esempio se facciamo l’assicurazione dell’auto si tratta della nostra reputazione come automobilisti, oppure se andiamo in banca a chiedere un finanziamento entra in gioco la nostra reputazione come pagatori. Ci sono anche delle piattaforme online che misurano la reputazione ma sostanzialmente dicono cosa si dice di te online, quindi parlano di percezione, di sentiment analysis senza andare a soppesare le fonti. E’ questo il problema che noi abbiamo rilevato quando abbiamo sviluppato il progetto: non esiste nulla che va ad aggregare le varie informazioni reputazionali che esistono e soprattutto che le va a pesare in maniera diversa.

Reputazione non è dunque una cosa oggettiva, ma è “reputazione nei confronti chi” e “reputazione rispetto a cosa”. Da questo punto di vista, lo studio condotto divide la reputazione in 5 driver (quello che tu fai) e 5 stakeholder (come viene percepito quello che stai facendo). I 5 driver sono: prodotti e servizi, la leadership dell’organizzazione, il work place (posto di lavoro), le attività di corporate social responsibility (responsabilità sociale d’impresa) e le performance finanziarie. Allo stesso modo hanno rilevato come queste attività sono percepite dai 5 stakeholder: investitori e finanziatori, i consumatori/clienti, i fornitori, le società/istituzioni e i dipendenti. “Non esiste una reputazione oggettiva: si può avere un’ottima reputazione nei confronti degli investitori e finanziatori dal punto di vista degli stakeholder, ma una pessima reputazione dal punto di vista delle performance finanziarie” continua Ippolito.

Tutto questo è stato ottuto andando a registrare le fonti che, nel caso di organizzazioni, sono fonti in parte pubbliche, in parte di percezione ed in parte di media intelligence. Nel caso dell’OMS, ha perso il 50% della sua leadership e questo deriva dall’analisi dei rating mondiali, della media intelligence, degli articoli di giornale, dei sentiment analysis e delle fonti web, con i due monitoraggi pre-covid e post-covid.

Il problema principale dell’OMS è stato anche un problema di comunicazione” spiega Ippolito “non ha seguito le regole di crisis management, tant’è vero che il problema non è neanche legato agli episodi in sé ma alla gestione degli episodi. Un esempio che si fa sempre è quello di Costa Crociere, quando è affondata la Costa Concordia, che paradossalmente non ha perso reputazione, ma ne ha quasi guadagnato perché ha gestito bene la crisi, ha trovato un capro espiatorio, ha aumentato il numero di passeggeri, ha aumentato il fatturato, ha fatto maggiori investimenti green, ha rimosso a proprie spese il relitto della nave, ha ripulito l’ambiente, etc. Questa era l’occasione in cui occorreva una guida mondiale da parte dell’OMS, mentre è stata proprio un’occasione persa e non a caso, abbiamo intitolato il numero “Reputazione fuori controllo”. A livello della percezione istituzionale delle organizzazioni, nell’ambito delle attività, di concreto non è stato fatto nulla. Addirittura è emerso, da dati pubblici analizzati, che il primo protocollo di cura del covid è stato quello che ha causato la gran parte delle morti nella prima parte della gestione dell’epidemia e tutto questo ha leso irrimediabilmente la reputazione dell’OMS.

Piaccia o no, oggi di fatto esistono delle nuove regole che governano la comunicazione, regole che vengono spesso sottovalutate e che a volte spostano la percezione di determinati problemi nei confronti dell’opinione pubblica.

Conclude Ippolito “La reputazione diventa l’asset fondamentale di ogni scelta strategica. Quando condividiamo un contenuto lo facciamo principalmente per guadagnare la nostra parte di social currency, la valuta sociale, quel valore che otteniamo interagendo e socializzando con altre persone. Non condividiamo un contenuto perché interessante, bensì dal valore che otteniamo in termini di buona reputazione. Se condividere una teoria ci fa guadagnare valuta reputazionale nel confronto dei nostri interlocutori, come organizzazioni diventiamo più forti. Anche l’OMS e tutte le grandi organizzazioni hanno bisogno di focalizzare il loro ruolo in termini di reputazione, affinché la loro attività sia percepita dai cittadini in modo corretto, lineare, trasparente e necessaria”.

Mariangela Lomastro
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