01/01/2013 - 01:00

L'azienda "green" secondo l'Agia-Cia

Nel seminario di Palermo l'Agia-Cia presenta il suo modello di azienda "green": multifunzionale, a riciclo compatibile e a emissioni zero. Un esempio di sviluppo sostenibile che diventa fonte di reddito. Gli interventi del presidente Politi, di Brunelli e Gurrieri.
Riciclo degli scarti agricoli, razionalizzazione dei consumi energetici e coltivazioni a basso impatto ambientale. Sono questi i pilastri dell'azienda agricola "green", un modello d'impresa innovativo e dinamico che fa della condotta eco-sostenibile un'occasione di reddito. Lo hanno presentato oggi i giovani imprenditori della Cia-Confederazione italiana agricoltori nel corso del seminario di Palermo "Più giovani in agricoltura, per una rinnovata azione contro i cambiamenti climatici", con il presidente della Cia nazionale Giuseppe Politi, il presidente dell'Agia Luca Brunelli e il presidente della Cia Sicilia Carmelo Gurrieri. Ma non si tratta solo di un'idea. Queste aziende "eco-friendly" -spiega l'Agia-Cia- stanno diventando una realtà. E hanno un identikit ben preciso con caratteristiche chiare e definite. Per esempio: un'alimentazione energetica a pannelli solari, trattori a biodiesel, veicoli elettrici, tecniche colturali rispettose dell'ecosistema e concimazioni a basso impatto, valorizzazione degli scarti agricoli per la produzione di energia da biomasse, ampie superfici dedicate ai boschi, tecniche d'irrigazione volte al risparmio idrico e sistemi di compostaggio. Così i giovani si dimostrano i più innovativi e i più "green". Quindi, i migliori interpreti della nuova "rivoluzione verde" in agricoltura.

Il settore primario -è stato affermato durante il convegno la l'Agia-Cia, al quale sono intervenuti rappresentanti delle istituzioni e del mondo accademico- è già di per sé l'unico comparto produttivo a vantare un bilancio ambientale positivo, in quanto la quota del 5,4 per cento con cui l'agricoltura incide positivamente sulle emissioni di gas serra è bilanciata dall'assorbimento del 5,8 per cento degli stessi gas attivato dal comparto forestale. Inoltre il contributo delle emissioni italiane di derivazione agricola è al di sotto della media europea, che è pari al 10,2 per cento per l'Ue a 15. Ed è proprio da questi primati che si vuole partire per affrontare al meglio la sfida della mitigazione dell'effetto-serra, primo responsabile dell'aumento medio della temperatura atmosferica. "Di fronte ai cambiamenti climatici -ha affermato Politi nelle conclusioni del seminario di Palermo- muta anche il modo di fare agricoltura, di programmare le colture, di sviluppare nuove soluzioni che permettono di superare le emergenze e di rispondere alle nuove esigenze degli imprenditori agricoli e soprattutto dei consumatori".

Mentre è il presidente dell'Agia Brunelli a essere convinto che "bisogna puntare sui giovani, se si vuole vincere la sfida di un'agricoltura ecosostenibile. Sono gli 'under 40', infatti, i più attenti all'impatto ambientale del proprio lavoro e i più predisposti all'innovazione. Le cifre parlano chiaro: nel Centro Italia quattro aziende su dieci praticano agricoltura multifunzionale, mentre si passa a 5 casi su 10 se si guarda alle attività di aziende giovani. Allo stesso modo, tra gli agricoltori 'junior' il 5 per cento pratica un'agricoltura più innovativa, rispetto al 3 per cento di 'over 40'". È per questo che è importante -come ha sostenuto anche Gurrieri- che gli agricoltori si diano delle regole precise per contribuire alla mitigazione dei vari fenomeni di alterazione climatica. In questo senso le prime questioni da risolvere riguardano la conservazione della biodiversità agricola e il risparmio idrico, reso urgente dal pericolo desertificazione, che interessa ben il 21,3 per cento del territorio italiano e il 41,1 per cento delle regioni centro-meridionali del paese.

La riduzione di capacità di ritenzione del suolo e di regimazione delle acque, associata alla forte diminuzione delle precipitazioni atmosferiche nell'ultimo decennio in tutta Italia (meno 20 per cento al Sud, meno 15 per cento al Nord e meno 9 per cento al Centro), impone di aprirsi ai nuovi scenari della ricerca tecnologica, che prevedono coltivazioni resistenti alla siccità e alla sempre maggiore salinizzazione dei terreni e tecniche di irrigazione sempre più volte al risparmio idrico. D'altra parte, fondamentale è la proposta dei giovani della Cia di una rete nazionale della biodiversità: una banca dati on line che riunisce i semi dei cultivar italiani, concepita per preservare, scambiare e ripiantare le tante specie agricole a rischio di estinzione. Ci si avvia in questo modo a una mappatura completa del patrimonio biodiverso, l'alternativa all'uso esclusivo di sementi ibride e biotecnologiche.
Tommaso Tautonico
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