01/01/2013 - 01:00

Greenpeace Vs Copenhagen

Tanto per restare in tema con Kyoto, continuiamo a parlare di clima. Il 31 gennaio scadeva l'ultimo appuntamento del dopo-Copenhagen; entro quella data infatti i paesi che hanno partecipato al summit avrebbero dovuto comunicare i propri ulteriori impegni di riduzione dei gas serra.
L'obiettivo è di impedire che l'aumento della temperatura media mondiale superi i 2°C. Gli impegni annunciati, invece, ricalcano sostanzialmente quelli presi prima dell'incontro e - secondo Greenpeace International - ci portano dritti a un aumento di temperature stimabile tra i 3 e i 3,5 °C. Le implicazioni e le conseguenze in termini di impatti sulla produzione alimentare, sul rifornimento idrico, sugli ecosistemi, sulla mortalità - sono illustrate dal rapporto di Greenpeace "Il Terzo Grado", che ipotizza gli scenari probabili "grado per grado", allo stato attuale delle informazioni scientifiche disponibili.
Il contenimento dell'incremento delle temperature entro i 2°C dovrebbe prevenire le conseguenze peggiori del cambiamento climatico ma gli Stati insulari e i Paesi meno sviluppati considerano che un incremento superiore a 1,5°C sia già problematico per la loro sopravvivenza. In ogni caso, gli impegni fino ad ora comunicati sono del tutto insufficienti anche rispetto all'obiettivo di contenere l'incremento entro i 2°C. Per raggiungere tale obiettivo, le emissioni di GHG dei Paesi Industrializzati dovrebbero diminuire del 40% (entro il 2020) rispetto alle emissioni del 1990. Al tempo stesso, i Paesi in Via di Sviluppo dovrebbero ridurre le loro emissioni, rispetto alle proiezioni al 2020, di un valore compreso tra il 15 e il 30%. Tuttavia, un documento confidenziale prodotto dal Segretariato della Convenzione sul Cambiamento Climatico (UNFCCC) lo scorso 15 dicembre, durante il vertice di Copenhagen, confermava che gli impegni comunicati dai vari Paesi portavano a livelli di emissione tali da "ridurre significativamente la probabilità di stare entro un aumento di temperatura di 2°C ". Per la precisione, gli obiettivi comunicati dai Paesi industrializzati si tradurrebbero in una riduzione compresa tra l'11 e il 19% delle emissioni. Se non si considerano le proposte di "crediti forestali", la riduzione delle emissioni dall'uso di combustibili fossili sarebbe solo del 6-14%. Le attuali incertezze nelle previsioni economiche mettono addirittura in dubbio che rispetto allo scenario "business as usual" (BAU) queste riduzioni siano reali: esse potrebbero avvenire indipendentemente da specifiche politiche di tutela del clima.
Nel complesso, stando alle dichiarazioni prima di Copenhagen, la diminuzione delle emissioni dei Paesi industrializzati (0-1,2 giga-tonnellate (Gt) al di sotto del BAU), combinata agli impegni volontari di riduzione dei Paesi in Via di Sviluppo (1,5-3,2 Gt; inclusa la riduzione della deforestazione) porterebbe ad un verosimile aumento delle temperature compreso tra 3 e 3,5°C (se le proiezioni economiche sono accurate).
Rispetto ai valori precedenti l'era industriale, la temperatura globale è già aumentata di c.a. 0,8°C e indagini recenti confermano che nel'em isfero settentrionale non ci sono stati periodi così caldi negli ultimi 1.300/1.700 anni. Il permafrost (suolo congelato da migliaia di anni nelle regioni artiche) ha cominciato a sciogliersi, come i ghiacciai continentali o le calotte polari. Stime autorevoli suggeriscono che il cambiamento climatico potrebbe essere responsabile di 300.000 morti l'anno, colpendo oltre 300 milioni di persone. Il cambiamento climatico è già realtà, ma aumentando le concentrazioni atmosferiche di GHG anche i rischi aumentano. Molti scienziati ritengono che ci siano dei "punti di non ritorno" superati i quali alcuni cambiamenti potrebbero prodursi in modo rapido, con "salti" da cui sarebbe difficile tornare indietro in tempi brevi.
Stando alle informazioni scientifiche disponibili, queste sono le previsioni sugli effetti del cambiamento climatico:
+ 1,5°C
- effetti rilevanti sulla produzione alimentare, sul rifornimento idrico e sugli ecosistemi dell'Africa sub-sahariana e sugli Stati insulari;
- aumento delle alluvioni nei delta fluviali causati dalla combinazione dell'innalzamento dei mari e delle alluvioni dai fiumi;
- con un aumento tra 1,5 e 2°C si stima che fino ad altre 3 milioni di persone sarebbero a rischio di inondazione lungo le coste. L'accesso all'acqua potabile sarebbe un problema per 0,4-1,7 miliardi di persone.
+ 2-2,5°C
- possibile scongelamento, parziale ma irreversibile, dei ghiacci della Groenlandia e della calotta Antartica occidentale: potrebbe causare l'innalzamento del mare di alcuni metri;
- perdita del 20/80% della foresta pluviale amazzonica e delle sue specie: da "deposito" di CO2 l'Amazzonia si trasformerebbe in un "produttore" di CO2;
- diminuzione significativa della produzione di grano in India e di riso in Cina e, in genere, riduzione generalizzata dei raccolti anche a causa delle alluvioni lungo la costa, con un impatto grave su centinaia di milioni di  persone;
- un riscaldamento di 2-3°C potrebbe portare all'est inzione del 30% delle specie animali e vegetali note.
+ 3°C
- ci potrebbe essere un aumento del 20% nella mortalità collegata al caldo in alcuni Paesi dell'Ue dove si registrerebbe un aumento tra sei e otto volte del numero di giorni particolarmente caldi;
- gli impatti negativi sulla produzione agricola potrebbero portare alla fame 550 milioni di persone, con fino a 1,3 miliardi di persone in stato di malnutrizione;
- si potrebbe verificare lo scioglimento quasi totale delle calotte in Groenlandia e nell'Antartide occidentale, oltre al superamento di molti altri "punti di non ritorno".
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