01/01/2013 - 01:00

Decreto Sviluppo e spiagge

Galan e Prestigiacomo battano un colpo. Se i Ministeri sono esclusi dalla procedura che concede aree e edifici per 90 anni, chi vigila sul rispetto dei vincoli?
"Abbiamo ascoltato in questi giorni ampie rassicurazioni da parte dei Ministri dei Beni Culturali e dell'Ambiente sul fatto che rispetto al Dl Sviluppo e alla concessione in diritto di superficie per 90 anni di edifici e spiagge, varranno in ogni caso i vincoli esistenti. Sono affermazioni purtroppo smentite dal testo, che non prevede in alcun modo la partecipazione dei Ministeri alla procedura di costituzione del diritto di superficie. E in ogni caso, i vincoli possono essere aggirati e persino modificati da Comuni e Regioni". Così Sebastiano Venneri, vicepresidente nazionale di Legambiente, commenta il Dl sviluppo recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri evidenziando come, all'articolo 3, si preveda il rilascio del provvedimento costitutivo del diritto di superficie, da parte della Regione d'intesa con il Comune e Agenzia delle Entrate, escludendo il Ministero dei Beni Culturali, che pure dovrebbe vigilare sui 300 metri dalla battigia, e il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.

"Non possono essere solo ragioni di tipo economico a governare le autorizzazioni che riguardano le coste italiane - ha continuato Venneri -, perché stiamo parlando di paesaggi unici e di interesse pubblico. Inoltre, la possibilità che il Decreto apre di realizzare interventi sulle aree demaniali attualmente inedificate, sempre in regime di diritto di superficie per 90 anni, è gravissima, perché se è vero che si fanno salve le norme vigenti di tutela, queste possono essere modificate proprio dalle Regioni e dai Comuni. Con il trasferimento del demanio costiero alle Regioni si profilano quindi, rischi gravissimi per le aree costiere italiane e su quei paesaggi che la Costituzione tutela all'articolo 9 e su cui il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali dovrebbe vigilare con ben altra attenzione".
Se ogni anno si spendono già decine di milioni di soldi pubblici per il ripascimento delle spiagge e il ripristino degli edifici danneggiati dall'erosione delle coste dovuta all'innalzamento dei mari, logica vorrebbe che il Ministero dell'Ambiente si impegnasse per tutelare queste aree da qualsiasi intervento. Col Dl sviluppo, invece, si rischia di portare nuovo cemento su questi fragili ecosistemi per poi magari ricorrere ancora ai fondi pubblici per far fronte ai possibili ulteriori danni.

"Siamo convinti - ha concluso Venneri - che la Commissione Europea interverrà per fermare un provvedimento che, di fatto, privatizza per 90 anni le coste italiane senza alcuna procedura trasparente e pubblica. Il Governo dovrebbe invece ripristinare la legalità richiedendo le gare obbligatorie per tutte le nuove concessioni e facendo rispettare il diritto alla spiaggia libera in tutta Italia e non solo per il passaggio fino al mare. E' francamente incomprensibile, infatti, che si possa sostenere l'utilità di questo provvedimento in quanto strumento a tutela dell'italianità delle imprese balneari, anche per operatori che hanno occupato abusivamente edifici e aree demaniali, o che hanno pagato briciole a fronte di enormi guadagni".
Marilisa Romagno
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