01/01/2013 - 01:00

Consumi: il "bio" cresce per il sesto anno consecutivo, +8,9%

La Cia analizza i dati diffusi dall'Ismea: mentre l'alimentare tradizionale segna il passo, chiudendo l'anno a -2 per cento, il biologico archivia il 2011 con un altro aumento "super". La roccaforte dei consumi resta ancora il Nord, ma il segmento comincia a mettere radici anche nel Mezzogiorno. Oggi Cia-Anabio presenta nell'ambito di "Cibus" alla Fiera di Parma il progetto "For@zoobio. Imparare ad allevare biologico con soddisfazione".
La crisi non frena l'incredibile ascesa del biologico. Nonostante il crollo del potere d'acquisto e l'aumento del differenziale tra prezzi e salari, ma soprattutto a dispetto del calo verticale dei consumi alimentari convenzionali (-2 per cento), nel 2011 il segmento "bio" continua la sua corsa, mettendo a segno una crescita dell'8,9 per cento a livello tendenziale. Rispetto all'anno precedente c'è un lieve rallentamento (+11,6 per cento nel 2010), ma si tratta comunque del sesto incremento annuo consecutivo. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori sulla base dei dati Ismea. E' chiaro, ormai, il passaggio definitivo del biologico da "moda" ad "abitudine di spesa", come evidenzia la presenza massiccia di questi prodotti nelle catene della Grande distribuzione organizzata. Più in dettaglio -sottolinea la Cia- a trainare gli acquisti "bio" nella Gdo ci sono innanzitutto le uova (+21,4 per cento), seguite da latticini e formaggi (+16,2 per cento), spinti in alto dal "boom" di yoghurt (+27,5 per cento) e latte (+9,5 per cento). Vanno molto bene anche biscotti, dolciumi e snack (+16,1 per cento) e bevande analcoliche (+16 per cento), mentre più contenuto risulta l'aumento per l'ortofrutta fresca e trasformata (+3,4 per cento), che rimane comunque la categoria "bio" più consumata, con un peso sul totale del biologico confezionato pari a poco più del 30 per cento in valore.

In questa fascia, per esempio, rientrano confetture e marmellate (+8,6 per cento) e, tra i prodotti non lavorati, le lattughe (+31,7 per cento). In calo, invece, pasta, riso e sostituti del pane (-3,2 per cento), con un bilancio particolarmente negativo per la pasta "bio", i cui acquisti si sono ridotti di oltre l'11 per cento. Segno meno anche per l'olio (-18,6 per cento) e per la categoria zucchero, caffè e tè (-3,4 per cento). Inoltre -osserva la Cia- anche se il consumo dei prodotti "bio" resta fortemente sbilanciato nei territori dell'Italia settentrionale (la cui incidenza sugli acquisti totali supera il 70 per cento), ora comincia a radicarsi anche nel meridione. Gli acquisti di prodotti biologici, infatti, crescono nel Nord-Ovest (+12,5 per cento) e nel Nord-Est (+2,4 per cento), ma è nel Centro-Sud che balzano dal 10 al 19 per cento. Il "bio", quindi, diventa un mercato sempre più appetibile -continua la Cia- visto che solo in Italia il suo giro d'affari si attesta intorno a 1,5 miliardi di euro. Un dato, tra l'altro, che ci colloca in quarta posizione nella graduatoria europea dei fatturati dopo Germania, Francia e Regno Unito e al sesto posto a livello mondiale (con Usa e Canada).

E proprio per aprire nuovi sbocchi ai produttori italiani, oggi Anabio -l'associazione nazionale agricoltura biologica della Cia- presenta nell'ambito di "Cibus 2012" alla Fiera di Parma il progetto "For@zoobio. Imparare ad allevare biologico con soddisfazione", che si prefigge di formare gli allevatori al metodo biologico. "In Italia gli allevamenti bio non hanno ancora assunto i volumi di produzione adeguati ai livelli dei consumi -dice Anabio-. Di conseguenza il nostro Paese, pur restando il primo esportatore al mondo di alimenti bio, è importatore di carni, latte e uova biologiche. Riteniamo perciò che questo settore abbia grandi potenzialità economiche e per questo intendiamo offrire agli allevatori gli strumenti di conoscenza necessari per intraprendere queste produzioni".
Tommaso Tautonico
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