01/01/2013 - 01:00

Tutela attività antropiche e fauna

La legislazione si pone il problema di conciliare nel modo migliore possibile la tutela della fauna e quella delle attività antropiche che interessano un territorio; la sentenza n. 935 del 16 maggio 2012 della terza sezione del TAR Toscana rappresenta un recente tentativo di tale bilanciamento.
La terza sezione del TAR Toscana con la sentenza n. 935 del 16 maggio 2012 ha affermato che l'obiettivo della riduzione dei danni arrecati dalla fauna va perseguito con gli interventi di contenimento numerico previsti dall'articolo 19 della Legge 157/1992 e dall'articolo 37 della L. R.(Toscana) 3/1994 e non già attraverso l'attività venatoria.

Tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle effettive capacità riproduttive e al contenimento naturale di altre specie e, per quanto riguarda le altre specie, al conseguimento della densità ottimale e alla sua conservazione mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.

Le regioni e le province, infatti, realizzano la pianificazione mediante la destinazione differenziata del territorio.

In particolare, si deve intende per protezione il divieto di abbattimento e cattura a fini venatori accompagnato da provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna, la riproduzione, la cura della prole.

 Ai fini della predetta pianificazione generale del territorio agro-silvo-pastorale le province predispongono, articolandoli per comprensori omogenei, piani faunistico-venatori.
In particolare i piani faunistico-venatori comprendono:

a) le oasi di protezione, destinate al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica;

b) le zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio;

c) i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, ai fini di ricostituzione delle popolazioni autoctone;

d) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, ove è vietato l'esercizio dell'attività venatoria ed è consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti della stessa e di persone nominativamente indicate;

e) le zone e i periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani anche su fauna selvatica naturale o con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili, la cui gestione può essere affidata ad associazioni venatorie e cinofile ovvero ad imprenditori agricoli singoli o associati;

f) i criteri per la determinazione del risarcimento in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi vincolati;

g) i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici, singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali e all'incremento della fauna selvatica nelle zone protette;

h) l'identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi. 
Alessio Elia
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