01/01/2013 - 01:00

La natura precaria o temporanea di un intervento edilizio

La natura precaria di un intervento edilizio non coincide con la temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale dell'opera ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di successiva e sollecita eliminazione - Cassazione Penale, Sez. III, Sentenza (ud. 20-12-2011) 16-01-2012, n. 1191.
La Cassazione Penale, Sez. III, con la sentenza (ud. 20-12-2011) 16-01-2012, n. 1191 ha affrontato la questione relativa alla problematica della natura precaria e temporanea di un intervento edilizio.

Nel caso di specie, con sentenza emessa in data 21 gennaio 2010 a termine di rito abbreviato del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Trento, i Sigg. B. e Bo. venivano condannati perché ritenuti colpevoli del reato previsto dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c) per avere edificato in assenza di permesso di costruire e in area soggetta a vincolo un box in lamiera non destinato a uso temporaneo.

I verbalizzanti avevano segnalato alla locale procura della Repubblica la violazione dell'autorizzazione provvisoria che nel mese di agosto 2006 aveva ad oggetto una struttura destinata ad essere rimossa al termine della stagione di alpeggio.

Successivamente, la Corte di Appello di Trento ha confermato il giudizio di responsabilità penale degli imputati, disattendendo la difese proposte coi motivi di impugnazione.

Avverso tale decisione i Sigg. B. e Bo. proponevano ricorso per Cassazione.

Orbene, in materia di edilizia ed urbanistica, la giurisprudenza di legittimità ha affermato costantemente il principio che "la natura precaria di un intervento edilizio non coincide con la temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale dell'opera ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di successiva e sollecita eliminazione" (Sezione Terza Penale, sentenza 27 maggio 2004).

Inoltre, in altre sentenze dalla stessa sezione è stato affermato che "sotto diverso profilo, non sussiste coincidenza fra precarietà e stagionalità dell'opera, posto che le opere stagionali sono destinate a soddisfare bisogni che si perpetuano nel tempo, anche se in determinati periodi dell'anno, e come tali costituiscono interventi che incidono sui beni tutelati dalla legislazione edilizia e necessitano di permesso di costruire" (Terza Sezione Penale, sentenza n. 35498 del 6 luglio 2007, Filigrana; sentenza n. 12428 del 7 febbraio 2008, Fioretti).

In altre, ancora, è stato affermato che "la natura precaria di una costruzione non dipende dalla natura dei materiali adottati e quindi dalla facilità della rimozione, ma dalle esigenze che il manufatto è destinato a soddisfare e cioè alla stabilità dell'insediamento, indicativa dell'impegno effettivo e durevole del territorio" (Terza Sezione Penale, sentenza n. 12428 del 7 febbraio 2008, Fioretti; sentenza del 27 maggio 2004, Polito; Cons.Stato, Sez. 5, sentenza n.3321 del 15 giungo 2000).

Alla luce dei principi così richiamati, la Corte di Cassazione del 16-01-2012 con la sentenza n. 1191 ha ritenuto pienamente condivisibile il principio interpretativo richiamato dalla Corte di Appello:
 "evidente che di tale principio è stata fatta corretta applicazione con riferimento ad un box di non modeste dimensioni che è stato posizionato alla fine della stagione e che è rimasto in sede per due stagioni: tutti elementi che non illogicamente sono stati ritenuti incompatibili con il preteso carattere di precarietà dell'opera".

Pertanto, secondo la Corte, risultano così inammissibili tutti i profili oggetto del ricorso, che deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna dei ricorrenti, ai sensi dell'art. 616 c.p.p..
Andrea Settembre
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