01/01/2013 - 01:00

La frode in commercio e l'olio di oliva

L'etichettatura dei prodotti alimentari deve essere veritiera e non può nascondere informazioni non rispondenti alla realtà.

L'etichettatura dei prodotti alimentari deve essere veritiera e non può nascondere informazioni non rispondenti alla realtà.


Infatti, integra il reato di tentativo di frode in commercio la condotta dell'imprenditore che detiene per la vendita confezioni di olio extravergine di oliva proveniente da altra azienda con etichettatura attestante la produzione ed il confezionamento presso il proprio stabilimento (Cass. Sez. III n. 37508 del 18 ottobre 2011).


Il presupposto normativo di tale posizione consolidata della giurisprudenza è costituito dall'articolo l'articolo 515 del codice penale il quale si riferisce alla condotta di colui che, nell'esercizio di un'attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all'acquirente una cosa mobile per un'altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita.


Tale norma è poi corroborata ed amplificata dall"articolo 2 del D.lgs 109 del 1992 il quale specifica, in modo inequivocabile, che l'etichettatura, così come la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari, non devono indurre in errore l'acquirente sulle caratteristiche del prodotto e precisamente sulla natura, sulla identità, sulla qualità, sulla composizione, sulla quantità, sulla durabilità, sul luogo di origine o di provenienza, sul modo di ottenimento o di fabbricazione del prodotto stesso.


La gravità della condotta descritta è confermata dalla circostanza che, per la configurabilità del tentativo di frode in commercio è sufficiente l'accertamento della destinazione alla vendita di un prodotto diverso per origine, provenienza, qualità o quantità da quelle dichiarate o pattuite (Sez. III n. 41758, 25 novembre 2010; Sez. III n. 6885, 18 febbraio 2009; Sez. III n. 23099, 14 giugno 2007; Sez. III n. 42920, 29 novembre 2001); in altre parole non è richiesta l'effettiva messa in vendita del prodotto.


Rileva, inoltre, il tentativo, anche la mera detenzione in magazzino di merce non rispondente per origine, provenienza, qualità o quantità a quella dichiarata o pattuita, trattandosi di dato pacificamente indicativo della successiva immissione nella rete distributiva di tali prodotti (Sez. III n. 3479, 26 gennaio 2009; Sez. III n. 1454, 16 gennaio 2009; Sez. III n. 36056, 8 settembre 2004) e ciò anche nel caso in cui la merce sia detenuta da un commerciante all'ingrosso, dovendosi pacificamente riconoscere, in considerazione delle condotte tipizzate, che la disposizione in esame tuteli tanto i consumatori quanto gli stessi commercianti (Sez. III 26056\04 cit.). 

Alessio Elia
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