01/01/2013 - 01:00

Gli importi pretesi a titolo di tariffa d'igiene ambientale (TIA) non sono assoggettabili ad Iva

La tariffa di igiene ambientale (t.i.a.), disciplinata dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, costituisce non già una entrata patrimoniale di diritto privato, ma una mera variante della t.a.r.s.u. (disciplinata dal D.P.R. n. 507 del 1993) e conserva la qualifica di tributo, propria di quest'ultima - Cassazione Civile Sezione V, Sentenza, 09-03-2012, n. 3756.
La Cassazione Civile Sezione V, Sentenza, 09-03-2012, n. 3756, con un'interessante decisione ha affermato il principio secondo cui gli importi richiesti a titolo di tariffa d'igiene ambientale non sono assoggettabili a Iva.

Nel caso di specie, A. S. A. S.p.a., gerente il servizio di smaltimento del comune di C., aveva proposto ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della commissione tributaria regionale della Toscana n...

Questa sentenza, in parziale riforma della decisione della commissione tributaria provinciale di Lucca resa su ricorso della società E. di P. A. e M. P. avverso distinti avvisi di accertamento relativi alla tariffa di igiene ambientale (c.d. tia), aveva dichiarato: non soggetti alla quota variabile della tariffa medesima i locali ritenuti produttivi di rifiuti speciali; comunque non soggetti a iva tutti gli importi pretesi dal gestore.

Il ricorrente denunziava la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, L. n. 133 del 1999, art. 6, nonchè del D.M. 24 ottobre 2000, in relazione alla statuizione circa il non assoggettamento a Iva della tariffa di igiene ambientale.

In tema di tarsu, il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62 dispone che la tassa "è dovuta per l'occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni diverse dalle aree a verde, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui il servizio è istituito o attivato o comunque reso in maniera continuativa nei modi previsti dagli artt. 58 e 59".

Tale principio rileva anche in materia di tia, non solo perchè codesta rappresenta - come ormai definitivamente chiarito - una mera variante della tarsu, conservando anche la relativa qualifica di tributo v. C. cost. n. 238/2009; n. 300/2009 (ord.) e n. 64/2010 (ord.), nonchè sez. un. 14903/2010 e, da ultimo, sez. un. n. 25929/2011; ma soprattutto perchè in tal senso depone lo specifico regime delineato dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49. Il quale ha invero previsto (al comma 3) che "la tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale", salva l'applicazione sulla stessa, così come determinata dagli enti locali, di un "coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi" (comma 14).

La rilevanza dell'astratta disciplina della tariffa integrata ambientale, secondo il collegio, in base a una presunta sostanziale identità tra questa e la tariffa d'igiene ambientale (ancora per comodità, rispettivamente, tia/2 e tia/1), è il frutto di una forzatura logica del tutto inaccettabile.

La tariffa integrata ambientale, di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, è stata istituita previa soppressione (e, dunque, in conseguente sostituzione) della tariffa d'igiene ambientale. Per incidens, essa non risulta ancora applicabile non essendo stato emanato il previsto regolamento attuativo, di cui ai commi 3 e 6 della disposizione citata. Talchè, in base al successivo comma 10, dello stesso art. 238, fino alla completa attuazione della tariffa integrata (peraltro solo virtuale, essendo codesta a sua volta destinata a cedere il passo, con decorrenza 1.1.2013, all'istituito tributo comunale rifiuti e servizi - c.d. res - di cui al D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 14, conv. in L. 22 dicembre 2011, n. 214), continuano ad applicarsi le discipline regolamentari prima vigenti; e dunque, la disciplina regolamentare della tariffa d'igiene ambientale (tia/1).

Nella specie non risultava che il comune di C. avesse, in concreto, provveduto ad attuare la tariffa integrata con proprio autonomo regolamento - in base alla facoltà pur concessa dal D.L. n. 208 del 2008, art. 5, comma 2 quater, conv. con modificazioni in L. n. 13 del 2009, giustappunto per l'eventualità della mancata adozione del ripetuto regolamento ministeriale attuativo entro il 30.6.2009.

Siffatti elementi impediscono, secondo la corte, di ritenere che la questione sollevata in causa sia minimamente influita dall'evoluzione concernente la tariffa integrata ambientale.

Mantenuta nei limiti suoi propri, la questione relativa alla affermata (dalla ricorrente) soggezione della tia/1 all'Iva va risolta, secondo il collegio, in coerenza con la pacifica natura tributaria della medesima, con la mancanza di disposizioni legislative che espressamente assoggettano a Iva le prestazioni del servizio di smaltimento dei rifiuti e con l'irrilevanza di diverse prassi amministrative (in effetti esistenti in alcuni territori), posto che la natura tributaria della tariffa va desunta dalla sua complessiva disciplina legislativa, e non da dette eventuali distorte prassi.

In tal senso è sufficiente richiamare i principi affermati dalla Corte costituzionale - in sintesi: "non è fondata, in riferimento all'art. 102, comma 2, cost., la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, comma 2, secondo periodo, nella parte in cui dispone che appartengono alla giurisdizione tributaria le controversie relative alla debenza del canone per lo smaltimento di rifiuti urbani e, quindi, della tariffa di igiene ambientale (t.i.a.) prevista dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49: la tariffa di igiene ambientale (t.i.a.), infatti, costituisce una mera variante della ta.r.s.u. disciplinata dal D.P.R. n. 507 del 1993 (e successive modificazioni) e conserva la qualifica di tributo propria di quest'ultima" (sent. n. 238/2009 e ord. nn. 300(2009 e 64/2010) -;

Ed infine accolti dalle sezioni unite di questa Corte a mezzo dell'affermazione che "la tariffa di igiene ambientale (t.i.a.), disciplinata dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, costituisce non già una entrata patrimoniale di diritto privato, ma una mera variante della t.a.r.s.u. (disciplinata dal D.P.R. n. 507 del 1993) e conserva la qualifica di tributo, propria di quest'ultima, con la conseguenza che le controversie aventi a oggetto la debenza della t.i.a. hanno natura tributaria e sono da attribuire alla cognizione delle commissioni tributarie (senza che ciò si ponga in contrasto con l'art. 102 Cost., comma 2)" (per tutte Sezioni Unite n. 14903/2010; Sezioni Unite n. 25929/2011).

La Cassazione Civile Sezione V, Sentenza, 09-03-2012, n. 3756, pertanto, ha dichiarato che: "in base a codesti principi, stante la mancanza - ripetesi di disposizioni legislative suscettibili di esser richiamate a presidio della affermata soggezione a Iva della prestazione del servizio di smaltimento in sè e per sè considerata (disposizione che, oltre tutto, ove esistenti, determinerebbero fondati dubbi di legittimità alla luce della normativa comunitaria - direttiva 2006/112/Ce - che esclude in via generale l'assoggettamento a Iva di diritti, canoni e contributi percepiti da enti pubblici "per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità"), devesi confermare la statuizione di cui all'impugnata sentenza: nel senso che gli importi pretesi a titolo di tariffa d'igiene ambientale non sono assoggettabili a Iva".
Andrea Settembre
autore