08/06/2016 - 17:40

Rottamazione post-bellica per l'edilizia priva di qualità

Si è svolto oggi alla Sala del Mappamondo, presso la Camera dei Deputati, il Convegno sul tema “La Rottamazione post bellica priva di qualità, il riequilibrio delle aree urbane e il rilancio dell’economia” promosso dalla Fondazione Fiorentino Sullo, per ragionare di questioni dibattute da oltre un ventennio, ma a cui non si è avuta la capacità di dare risposte chiare ed efficaci. Si è immaginato di riaprire la discussione su un tema assai delicato quale è quello della Rottamazione o della sostituzione edilizia. Il convegno ha contribuito a rompere gli equilibri immobili e porre le basi per un significativo cambio di passo nel settore dell’edilizia.
Ne hanno discusso Achille Colombo Clerici, presidente Assoedilizia, Giuseppe Cappochin, presidente Consiglio Nazionale Architetti, Claudio De Albertis, presidente ANCE, il notaio Andrea Mosca, Gianluca Abbatte, C.N. Notariato, Aldo Loris Rossi, docente di Progettazione Architettonica all’Università di Napoli.

Sono inoltre intervenuti: Paolo Caprasecca, presidente Anap associazione amministratori di condominio, Daniele Leoni, responsabile Ufficio Urbanistica del Comune di Roma.

Molto apprezzato l’intervento del presidente Renato Brunetta.


Ha introdotto e moderato i lavori Silvio Sarno, CEO Calcestruzzi Irpini S.p.a.. Una bella idea non è sufficiente a dar vita ad un sistema che funzioni: burocrazia, cultura imprenditoriale, attività legislativa, risorse economiche e corruzione sono alcune delle variabili da considerare. Il mercato delle costruzioni non fa certo eccezioni.


E’ noto che la crescita dimensionale degli insediamenti urbani, sarà tra le altre, la nuova variabile da tenere in considerazione: determinerà sensibilmente la crescita economica, così come i livelli di investimenti e competitività.

Non tenere conto che le aree urbane hanno superato di gran lunga le aree rurali e che la dimensione media degli insediamenti urbani sta via via crescendo, sarebbe un errore imperdonabile.
La ripresa non ha ancora investito il mercato delle costruzioni e mancano evidentemente all’appello interventi e investimenti strutturali che consentano di invertire la tendenza.

Il comparto della riqualificazione degli immobili residenziali in questi anni di crisi è stato l’unico settore che ha mostrato una tenuta dei livelli produttivi, rappresentando il 70% del fatturato del settore edilizio.
Occorre cambiare rotta e le leve del cambiamento sono le città: va stimolato un ripensamento del paesaggio urbano, promuovendo la rigenerazione del costruito, l’edilizia sostenibile, la tutela dell’ambiente, favorendo l’economica circolare e quindi il riuso di ogni materiale attraverso misure fiscali e urbanistiche.

Nel settore dell’edilizia occorre un nuovo approccio culturale che parta dalla presa di coscienza che la condizione del patrimonio abitativo nazionale è degradata, che le periferie sono spesso invivibili, che i centri storici vengono abbandonati dai residenti, che la vera “spending review” da fare è prima di tutto quella energetica e che la garanzia del debito pubblico è il risparmio degli italiani, la cui metà è proprio in immobili.
E’ certo che ci sia tanto da fare. La burocrazia di certo non aiuta se è vero che la World Bank pone l’Italia al 153° posto su 180 Stati rispetto all’efficienza dei tempi per la burocrazia nel settore edilizio.

Il grande capitolo della progettazione è tema cruciale che non può essere sottovalutato. Bisogna imparare a progettare e a competere per poter avere accesso ai fondi europei e per farlo è bene iniziare da casa propria. Ovviamente anche il sistema produttivo deve fare la sua parte: l’impresa deve tornare al centro del processo di costruzione facendosi promotrice di un nuovo modo di costruire di qualità. Per farlo bisogna fare un passo in avanti e aprire le porte ai nuovi strumenti digitali come il BIM, giustamente inserito nel nuovo codice dei contratti pubblici.

Ma un piano per la rigenerazione urbana che abbia dignità non può far altro che fondarsi sul “superamento del tabù della demolizione e ricostruzione”.
Come ben suggerisce il CNAPP; “conviene davvero abbattere qualche muro, cancellando così anche i nefasti risultati della pianificazione scorretta degli anni Sessanta, realizzando contestualmente scuole, asili, negozi e centri culturali”.

E’ vero che in Europa si trovano molti esempi di brutte periferie demolite e ricostruite come nuovi quartieri urbani integrati” ma i costi in Italia sono ancora troppo alti.
E’ chiaro che occorra un piano nazionale di trasformazione urbana che preveda l’intervento pubblico ma è altrettanto evidente che la sola pubblica amministrazione da sola non può riuscire nell’intento. Occorrono azioni diffuse e mirate e il privato deve essere messo nelle condizioni di poter fare la propria parte.

E’ davvero possibile innescare una profonda riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico e privato del Paese e la strada indicata quest’oggi è la strada da scegliere. Il cambiamento si programma e costruisce e questo, soprattutto in edilizia, ha tempi lunghi che vanno quanto mai ristretti.


Foto: Renato Brunetta e Achille Colombo Clerici

Andrea Pietrarota
Direttore Responsabile