01/01/2013 - 01:00

Rapporto Ecomafia 2011

30.824 illeciti ambientali accertati, 9,3 miliardi di euro di fatturato, 2milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi sequestrati, 26.500 nuovi immobili abusivi stimati, 290 i clan coinvolti. Sono solo alcuni dei numeri protagonisti del viaggio di Legambiente nel mondo della criminalità ambientale.
 
Nella classifica dell'illegalità ambientale troviamo al primo posto la Campania con 3.849 illeciti (12,5% del totale nazionale), 4.053 persone denunciate, 60 arresti e 1.216 sequestri.
Seguono Calabria, Sicilia e Puglia, dove si consuma circa il 45% dei reati ambientali denunciati dalle forze dell'ordine nel 2010; spicca poi l'area nord occidentale con un 12% a causa del forte incremento degli illeciti accertati in Lombardia.
A concludere affari con l'ecomafia è spesso un vero e proprio esercito di colletti bianchi e imprenditori collusi: l'ampia disponibilità di denaro liquido da una parte, le competenze professionali e le società di copertura dall'altra forniscono una quadratura perfetta per questo business "green".
 
"Come un virus, con diverse modalità di trasmissione e una micidiale capacità di contagio. Questa l'immagine dell'ecomafia che emerge dal rapporto 2010 - ha dichiarato Enrico Fontana, responsabile dell'Osservatorio Ambiente e legalità dell'associazione -. Un virus che avvelena l'ambiente, inquina l'economia, mette in pericolo la salute delle persone; che ha un sistema genetico locale e una straordinaria capacità di connessione su scala globale: può nascere, infatti, in provincia di Caserta o di Reggio Calabria e riprodursi a Milano, entrare in simbiosi con altre cellule in altre città europee, saldare il suo Dna con ceppi lontani, fino a Hong Kong. I fenomeni di criminalità ambientale continuano a diffondersi senza incontrare adeguate resistenze, determinando impressionanti sottrazioni di risorse naturali e gravi distorsioni dell'economia, con significativi contraccolpi sulle possibilità di crescita per le imprese virtuose. Eppure, nonostante i ripetuti allarmi, poco o nulla è stato fatto sul versante della prevenzione e degli strumenti indispensabili per prosciugare il "brodo di cultura" del virus eco mafioso, che così continua a diffondersi e moltiplicarsi approfittando di gravi sottovalutazioni, molte complicità e troppi silenzi".
 
"Numerose indagini e i rapporti sull'ecomafia finora realizzati dimostrano che il business dell'ecomafia, con la sua capacità pervasiva e la possibilità di occupare stabilmente posti chiave dell'economia, si propaga e si rafforza anche grazie al coinvolgimento dei cosiddetti colletti bianchi (impiegati e quadri in ruoli chiave delle amministrazioni) e alle infiltrazioni nell'imprenditoria legale - ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. Fenomeno che si aggrava notevolmente nelle fasi di crisi economica e di scarsità finanziaria e che rende difficoltoso la svolgimento delle indagini e la ricerca delle responsabilità che si perdono in un percorso travagliato tra legalità e malaffare. Per porre rimedio a questa situazione, avevamo atteso con ansia il decreto col quale il governo deve recepire la Direttiva europea sulla tutela penale dell'ambiente, inserendo finalmente i delitti ambientali nel Codice Penale. Purtroppo, ad oggi, lo schema approvato rappresenta una vera e propria 'occasione mancata'. Si rimane, infatti, nel solco delle fattispecie contravvenzionali, senza riuscire a individuare i delitti, con l'effetto di continuare a fornire alle forze che devono indagare e reprimere armi spuntate: nessuna possibilità di utilizzare le intercettazioni telefoniche e ambientali, impossibilità delle rogatorie internazionali, tempi brevissimi di prescrizione".
 
Complessivamente gli illeciti accertati sono stati 30.824, con un incremento del 7,8% rispetto 2009.
I reati relativi al ciclo illegale di rifiuti (dalle discariche ai traffici illeciti) e a quello del cemento (dalle cave all'abusivismo edilizio) rappresentano da soli il 41% sul totale
Seguono quelli contro la fauna, (19%, con un +13,2% rispetto al 2009 e 3 miliardi di euro per un giro d'affari che sempre più globalizzato), gli incendi dolosi (16%), quelli nella filiera agroalimentare (15%), mentre tutti le altre tipologie di violazioni non superano complessivamente il 6% degli illeciti accertati.
Infine Il 2010 è stato un anno record per le inchieste (29) contro i professionisti del traffico illecito di veleni, unico delitto ambientale (art. 260 Dlgs 152/06)
 
Ecomafia 2011. Le storie e i numeri della criminalità ambientale
a cura dell'Osservatorio Ambiente e legalità di Legambiente
Edizioni Ambiente (Annuari) - 432 pagine, euro 24,00
Lisa Zillio
autore