04/06/2015 - 23:01

La nostra alimentazione è ancora poco sostenibile

I risultati di una ricerca dell’Osservatorio nutrizionale Grana Padano sui consumi alimentari rivela un comportamento poco eco-friendly. Il tema dell’alimentazione è reso ancor più attuale dal semestre di Expo2015, focalizzato sul come nutrire la popolazione della terra migliorando la salute delle persone, senza distruggere il pianeta. I consigli dei nutrizionisti per una dieta eco-sostenibile.

Un’alimentazione sostenibile prevede il consumo di cibo in grado di fornire tutti i nutrienti necessari agli esseri umani che non abbiano un impatto negativo sull’ambiente. È importante soprattutto ridurre gli sprechi di energia per produrre, conservare e trasportare alimenti, oltre a non sprecare il cibo e l’acqua alimentando i rifiuti e la depurazione.

Lo studio dell’Osservatorio Nutrizionale Grana Padano (OGP) ha analizzato le abitudini alimentari di circa 1200 individui, 47,3% donne e 52,7% uomini di età compresa fra 18 e 90 anni, con un BMI medio molto simile (27,6 kg/m2 per le femmine e 27,4 kg/m2 per gli uomini).

 

Dallo studio è emerso che, anche tra gli italiani intervistati, vi sono scelte “poco sostenibili”. Per esempio, si utilizza molto pesce conservato che richiede un notevole dispendio di energia per conservazione e lavorazione.

La classica “scatoletta” è molto usata: il 40% degli intervistati la utilizza tutte le settimane e di questi, il 10%, consuma cibo in scatola dalle 2 alle 4 volte a settimana.

Il consumo di patate rimane una preferenza degli italiani: solo il 5% degli intervistati afferma di non consumarle mai, mentre quasi il 70 % ne fa uso settimanalmente, di questi il 34% da 2 a 4 volte.

Da una parte questo consumo è un comportamento auspicabile, essendo la patata un alimento facilmente reperibile e conservabile, ma dal campione risulta che troppo spesso è consumata sotto forma di fritto o snack.

Il sacchetto di patatine è utilizzato dal 60% degli intervistati e quasi il 20% di essi lo usa più volte a settimana. L’impatto negativo di questo consumo non è solo sulla salute per via  dell’altissimo valore calorico, sale, grassi e scarso senso di sazietà, ma anche sull’ambiente. Infatti, questi snack hanno un imballaggio non riciclabile che spesso non viene riposto tra i rifiuti contribuendo a peggiorare l’inquinamento ambientale.

Anche lo zucchero è molto impiegato, il 50% degli intervistati lo consuma quotidianamente, anche più volte nella giornata. Gli alimenti raffinati come lo zucchero richiedono lavorazioni complesse e inquinanti, sono quindi poco sostenibili tutti i prodotti eccessivamente dolci e prodotti con farine raffinate come biscotti e brioches.

Gli alimenti semplici e integrali invece non sono molto graditi e non rientrano nelle abitudini degli intervistati: il 50% non consuma mai il pane integrale e solo un 11% lo mangia almeno 1 volta al giorno. Il 60% del campione adopera invece pane bianco, e il 30% di questi arriva a mangiarne anche 2-3 porzioni al giorno. I cereali raffinati sono impiegati dal 97% degli intervistati, mentre il 55% non utilizza mai l’integrale. Infatti, più della metà degli intervistati non mangia mai pasta e riso integrale, ma nemmeno farro o orzo.

Lo studio ha considerato tantissimi alimenti e, facendo un bilancio, possiamo dire che l’olio d’oliva viene usato praticamente da tutti. L’impiego del condimento vegetale è sicuramente auspicabile per la salute. Dalle persone intervistate è emerso che il 90% non utilizza mai la margarina e solo occasionalmente il burro.

La riduzione dell’eccesso dell’uso dei grassi animali riduce i rischi cardiovascolari e l’utilizzo dell’olio d’oliva ci permette di guadagnare in salute, promuovendo l’utilizzo di un prodotto nazionale di grande qualità - afferma la Dott.ssa Michela Barichella, medico specialista in Scienza dell’alimentazione, membro dell’OGP - Gli esperti dell’Osservatorio studiano le abitudini alimentari per dare dei consigli utili e semplici, che permettano di migliorare la salute, ma che tengano conto anche dell’ambiente. Non è infatti un caso che chi conosce la storia del Grana Padano, sa che la sua produzione, che risale al 1135,  nasceva dall’esigenza di non buttare il latte in eccesso, per questo i monaci cistercensi dell’abbazia di Chiaravalle inventarono questo formaggio che grazie alla stagionatura si può mantenere per anni”.

Dalle interviste fatte emerge che il formaggio Grana Padano è entrato nelle abitudini degli italiani, soprattutto grattugiato sul primo piatto, un consumo che fa coincidere il gusto con la buona alimentazione perché il Grana Padano DOP, oltre che insaporire, apporta nutrienti essenziali e può essere assunto anche da chi è intollerante al latte perché non contiene lattosio. Si osserva invece che non siamo abituati a mangiare gli alimenti freschi. Inoltre, anche l’utilizzo di frullati e centrifughe è davvero basso. Beviamo poca acqua del rubinetto; berne di più aiuterebbe a risparmiare bottiglie di plastica.

Le uova sono consumate una volta a settimana, mentre la carne e il pesce sono utilizzati come maggior fonte proteica dagli intervistati. Sicuramente il piatto a cui quasi nessuno vuole rinunciare è la pizza. Solo il 5 % degli intervistati non la mangia mai, mentre il 40% lo fa almeno una volta a settimana e un altro 40% anche più volte.

Andrea Pietrarota
Direttore Responsabile
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