18/03/2022 - 11:58

Greenpeace: mentre si discute la legge europea contro la deforestazione scompare una foresta grande come Bruxelles

Attivisti di Greenpeace Belgio hanno scalato la facciata della sede del Consiglio europeo a Bruxelles durante l’incontro tra i ministri dell’Ambiente dei Paesi Ue per protestare contro la deforestazione.

 

Greenpeace, deforestazione

Sei attiviste e attivisti di Greenpeace Belgio hanno scalato ieri la facciata della sede del Consiglio europeo a Bruxelles dove si è tenuto l’incontro tra i ministri dell’Ambiente dei Paesi Ue in cui si discute la bozza della normativa per eliminare i prodotti che causano deforestazione dalle catene di approvvigionamento comunitarie. Obiettivo dell’azione mostrare che, solo nelle prime tre ore di riunione, sono andati persi circa 3.300 ettari di foreste, un'area pari all’estensione della città di Bruxelles.
 
Sebbene la normativa proposta per ridurre il contributo dell'Ue alla deforestazione sia un importante passo avanti, permangono ancora notevoli lacune come l’inadeguata tutela dei diritti umani, la necessità di proteggere anche altri importanti ecosistemi diversi dalle foreste, l’omissione di obblighi per il settore finanziario e il mancato inserimento nella lista dei prodotti interessati dalla normativa di gomma, mais e carne di maiale e pollo, la cui produzione ha gravi impatti su foreste e biodiversità. Dopo l’incontro, i ministri dell'Ambiente degli Stati membri dovrebbero concordare la loro posizione rispetto alla normativa entro la prossima riunione, che si terrà il 28 giugno. Anche il Parlamento europeo ha iniziato a redigere la sua posizione, con il voto in Commissione Ambiente previsto per l'11 luglio.
 
“Ci sono multinazionali e governi che stanno facendo di tutto per annacquare questa normativa”, afferma Martina Borghi, campagna foreste di Greenpeace Italia. “Per esempio, nonostante gli impegni presi durante l’ultimo vertice mondiale sul clima (Cop26) per accelerare la protezione delle foreste, quattro delle più grandi aziende agroalimentari del mondo (Bunge, Cargill, ADM e Viterra) stanno cercando delle scappatoie per aggirare l’obbligo di tracciabilità di prodotti e materie prime. Il loro intento è di evitare l’obbligo di indicare con precisione l’appezzamento di terreno dove sono state coltivate le materie prime (nel caso della soia o dell’olio di palma e dei loro derivati come mangimi o biocombustibili) o dove hanno pascolato gli animali (nel caso della carne e del cuoio)”, prosegue Borghi. 
 
Tra il 2015 e il 2020, il mondo ha perso circa 51 milioni di ettari di foreste, pari a un'area delle dimensioni di un campo da calcio ogni due secondi, soprattutto a causa dell'espansione dell'agricoltura industriale per ottenere prodotti come la carne bovina, largamente consumata anche in Europa, Italia inclusa. “Chiediamo al ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani e ai ministri competenti dei Paesi membri di colmare le attuali lacune della normativa e non di indebolirla ulteriormente”, conclude Borghi. 

 

Marilisa Romagno
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