27/11/2021 - 11:17

Deforestazione, la Commissione Europea propone un nuovo regolamento

L’UE importa ingenti quantità di prodotti che causano deforestazione: la produzione di olio di palma, soia, cacao, caffè, legno e derivati determina ogni anno la distruzione di circa 190.000 ettari di foreste a livello globale. Per arginare questo fenomeno, la Commissione propone un radicale ripensamento dell’EUTR, attuale norma vigente in materia di contrasto al legno illegale.

deforestazione

Risale all’ormai lontano 2003, la pubblicazione del Piano d’azione FLEGT dell’Unione europea che  stabiliva specifiche misure di contrasto al cosiddetto illegal logging (prelievo legnoso non autorizzato) che affliggeva, e continua tuttora a danneggiare, il patrimonio forestale di diversi Paesi del mondo.

La necessità di rallentare tale fenomeno distruttivo era già stata riconosciuta come un’azione prioritaria ai fini della gestione forestale sostenibile in occasione del 24° summit G8 di Birmingham del 1988. Nell’ambito del citato piano d’azione comunitario, l’UE approvò alcuni regolamenti volti a promuovere la legalità dei tagli boschivi effettuati nei vari Paesi esportatori di legno e derivati, nonché quella degli analoghi prodotti commercializzati in territorio comunitario.

Gli operatori del settore del legno conoscono bene i regolamenti fondamentali del pacchetto legislativo comunitario, noti con gli acronimi FLEGT (Forest Law Enforcement Governance and Trade del 2005) ed EUTR (European Union Timber Regulation del 2010). Quest’ultimo è conosciuto anche come regolamento sulla due diligence, la cui procedura fondamentale serve per determinare e contenere al massimo il rischio che legno e derivati commercializzati nell’UE possano essere illegali, ossia essere stati raccolti o prodotti contravvenendo alle leggi vigenti nei paesi d’origine.

La concreta attuazione delle norme EUTR, ovvero dimostrare che le merci di cui approvvigionarsi sono compatibili con le prescrizioni introdotte dal regolamento, è stata spesso difficoltosa e problematica, in particolar modo per quei prodotti caratterizzati da processi industriali complessi, dove si registrano ripetute intermediazioni commerciali o provenienti dai cosiddetti “Paesi a rischio”, in cui coesistono condizioni di scarsa governance del settore forestale ed alti tassi di corruzione.

La stessa azione di controllo delle Autorità competenti dei vari Stati membri è risultata gravosa verso gli operatori del settore e soprattutto nella verifica della congruità delle procedure di due diligence da essi messe in pratica.

A 16 anni dalla sua adozione, lo stesso FLEGT (basato su accordi bilaterali di partenariato tra l’UE ed i Paesi terzi che ne fanno richiesta e che dimostrano di essere in grado di assicurare la legalità del legno e dei derivati da esportare in territorio comunitario) risulta completamente attuato soltanto per l’Indonesia. La stessa instabilità socio-politica che contraddistingue una buona parte dei Paesi con cui l’UE ha intrapreso i necessari negoziati preliminari ha reso difficoltoso il varo delle cosiddette “licenze FLEGT”, attestanti la piena legalità dei prodotti esportati.

Tutte le criticità appena analizzate hanno portato le Istituzioni europee a riflettere riguardo l’efficacia dei due suddetti regolamenti, anche attraverso  specifiche consultazioni pubbliche, dato che l’utilità del piano d’azione FLEGT e delle relative norme comunitarie di riferimento viene riconosciuta anche dall’opinione pubblica che ne condivide sempre più gli obiettivi generali di contrasto alla deforestazione ed alla degradazione delle risorse forestali globali. Basta osservare l’attenzione che ha destato di recente COP 26 dell’ONU sul cambiamento climatico.

Da questa messa in discussione, la Commissione ha presentato lo scorso 17 novembre la nuova proposta di regolamento (Regulation on deforestation-free products) mirante a sostenere la protezione del patrimonio forestale del pianeta ed in particolare a porre un sostanziale freno alla deforestazione. L’approccio di tale regolamento è differente: la Commissione non si limita più a voler accertare che legno e derivati commercializzati negli Stati membri siano legali (e quindi a contrastare l’illegal logging), ma intende prevenire l’importazione di derrate alimentari (olio di palma, soia, carne bovina, caffè e cacao) e legno prodotti in aree deforestate di qualsiasi parte del mondo.

Questa nuova impostazione dovrebbe portare l’UE entro il 2030 a contenere di oltre 70.000 ettari all’anno la deforestazione indotta dall’importazione di tali prodotti in territorio comunitario. Di riflesso, questo comporterebbe la mancata immissione di circa 32 milioni di tonnellate di carbonio in atmosfera (valutabile anche in un risparmio annuale di almeno 3 miliardi di euro) con benefiche ripercussioni in termini di prevenzione del cambiamento climatico e protezione della biodiversità.

Si passa, di fatto, dal concetto della legalità a quello più ampio della sostenibilità: sarà possibile importare soltanto prodotti che non hanno causato deforestazione e danneggiato irrimediabilmente ecosistemi preziosi e delicati quali quelli boschivi.

Il nuovo regolamento anti-deforestazione beneficerà proprio delle esperienze maturate attuando l’EUTR. Fermo restando per gli operatori l’obbligo della due diligence da effettuare prima dell’acquisizione e della seguente commercializzazione dei prodotti oggetto del regolamento, le procedure collaterali che essi dovranno attuare saranno abbastanza diverse da quelle ora imposte dall’EUTR. Tra i cambiamenti più significativi, si segnalano: l’obbligo di depositare una dichiarazione preliminare che i prodotti da importare ed esportare non abbiano causato deforestazione e degradazione forestale, la geolocalizzazione delle superfici agro-forestali di provenienza, il coinvolgimento diretto delle Agenzie delle dogane degli Stati membri nelle fasi di controllo, la pubblicazione da parte della CE del livello di rischio legato ai vari Paesi esportatori (cosiddetto benchmarking).

L’iter della “Regulation on deforestation-free products” si è appena avviato e, per quanto complesso e travagliato, dovrà necessariamente tradursi in azioni concrete, perchè l’approvvigionamento responsabile di materie prime rappresenta oggi una delle soluzioni più verosimilmente attuabili per limitare l’impatto antropico sugli ecosistemi naturali e sulle foreste in particolare.

Mariangela Lomastro
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