01/01/2013 - 01:00

Africa: SOS fame per biocarburanti

Un rapporto di Friend's of the Earth lancia un nuovo allarme: l'eccessivo sfruttamento delle terre africane per la produzione di biocombustibili potrebbe provocare 100 milioni di affamati.
Aumento dei prezzi delle derrate alimentari, inquinamento delle falde acquifere per eccessivo uso di fertilizzanti e pesticidi, riduzione dei terreni coltivabili. Sono alcuni degli effetti negativi dovuti allo sfruttamento delle terre africane per la produzione di biocombustibili denunciati nel rapporto di Friend's of the Earth (FoE) "Africa, up for grabs". Un "furto delle terre" che, secondo gli studi di Actionaid citati, potrebbe affamare nei prossimi anni oltre 100 milioni di persone. A perpetrare il "furto" sono aziende cinesi, israeliane, nord e sudamericane. Le più attive, però, sono le industrie europee, tra le quali le italiane Agroils e Aviam, operose nel raggiungere l'obiettivo fissato per il 2020 dalla UE di utilizzare nei trasporti il 10% di carburanti "bio". Un traguardo che FoE chiede di riconsiderare per evitare di aggravare le già precarie condizioni economiche e alimentari del Sud del mondo.

Secondo la relazione dell'associazione ambientalista sono circa 5 milioni di ettari le terre acquisite dalle imprese di biofuel in 11 Paesi del Continente Nero, come Ghana, Nigeria, Angola, Camerun, Nigeria, Mozambico, Tanzania, Kenya ed Etiopia. Un'area più grande della Danimarca coltivata con canna da zucchero, mais, patate, manioca e jatropha, un arbusto che produce un ricco frutto non in concorrenza diretta con il cibo, ma molto utilizzato nell'economie locali come combustibile per cucina e altre attività. La conseguenza, come detto, è la riduzione di terra fertile per colture alimentari e un depauperamento delle risorse idriche per irrigazione e inquinamento che generano aumenti dei prezzi di cibo e acqua a danno delle popolazioni autoctone.

Il rapporto FoE contesta pure i presunti benefici dei biocombustibili all'economia locale e all'ambiente. Sul primo fronte, gli "amici della terra" sostengono che il lavoro generato dalle imprese di carburanti ecologici è sottopagato e stagionale, tanto da peggiorare le già modeste condizioni degli abitanti. Sul secondo, FoE sottolinea che i benefici alla riduzione dei gas serra apportati dai biocarburanti sono vanificati dalla distruzione di foreste, altamente efficienti nel catturare la CO2. Altre ripercussioni negative sono prodotte dal calo della fertilità dei terreni per il loro uso intensivo e dall'impiego di OGM che potrebbe mettere a rischio gli ecosistemi locali.

Va ricordato che le posizioni di Friend's of the Earth sono contestate da altri organismi, come il Forum per le ricerche agricole in Africa (FARA), che ritengono che i biocarburanti possono avere ricadute positive sulla produzione alimentare grazie agli investimenti nelle attività agricole e nelle infrastrutture. Inoltre, è da sottolineare che i combustibili "bio" possono essere ricavati anche con metodologie non competitive con il cibo, come la produzione da biomasse di scarto (eccedenze agricole, residui della manutenzione dei boschi e dell'industria alimentare della trasformazione del legno) o da rifiuti organici derivati da raccolta differenziata, oli usati, grassi animali e deiezioni della zootecnia.

(Stefano Panzeri)
Riccardo Bandello
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